di Cristiano Lucchi, direttore di Fuori Binario, giornale dei senza dimora

Alla Gkn di Campi Bisenzio (FI) si passa a miglior vita e si è felici. Al di là del calembour sono le storie raccontate dai lavoratori dalle lavoratrici all’interno del primo Festival di letteratura Working Class a dimostrarlo. Tre giorni intensi – dal 31 marzo al 2 aprile nei luoghi della lotta, in fabbrica – stracolmi di donne e uomini che non sopportano più la violenza del capitale e che si organizzano per non soccombere.

C’è Tiziana De Biasio che sale sul palco e descrive il suo passaggio da kapò responsabile del personale, “quella” che stressa tutti perniciosamente per tenere alta la tensione tra gli operai, che un giorno decide che non ne può più, salta il fosso e passa dalla parte della ragione. C’è Francesco Iorio che rinasce quando si accorge che la vita è troppo breve per essere gettata nel fare “un pezzo dopo l’altro il più velocemente possibile”. C’è Felice Ieraci che “meglio la lotta che lo psicologo”.

Sono tre dei “pezzi” di alt(r)a qualità contenuti nello spettacolo Il Capitale dei Kepler-452, ridotto per l’occasione, e nel quale non manca il prologo di Dario Salvetti, anche lui tra i 422 licenziati quel 9 luglio del 2021 ormai entrato nella storia della lotta di classe: “Voi, come state? Noi stiamo così, che questa lotta la perderemo, a meno che tutte e tutti noi non consideriamo questa lotta un momento di riscatto sociale. A meno che Gkn non diventi un punto di riscossa per tutte e tutti. Come state? Perché noi qua probabilmente perderemo, a meno che voi non ci diciate come state”. Giù dal palco si ascolta, si applaude, si canta e ci si emoziona con il sorriso sulle labbra, perché il mondo cambierebbe in meglio se tutti i giorni fossero come questi del Festival.

Autrici e autori sono arrivati a Campi Bisenzio da tutta Europa, invitati dal direttore artistico Alberto Prunetti, curatore della collana Working Class di Alegre, l’editore che insieme al Collettivo di fabbrica ha organizzato il Festival. Sono arrivati tra gli altri D. Hunter, Cynthia Cruz, Anthony Cartwright, Cash Carraway, ospiti italiani come Simona Baldanzi, Claudia Durastanti e Wu Ming 1, studiose e studiosi della narrazione come Ornella De Zordo e Alessandro Portelli. Luoghi vivi come la Gkn propongono a tutti noi la costruzione di un immaginario collettivo capace di rimettere al centro i diritti della persona e dell’ambiente per rompere coi ricatti della finanza speculativa o degli imprenditori rapaci. In Italia tutto ciò dà forza ad una letteratura working class che lentamente si sta imponendo a livello internazionale.

Gli operai Gkn stanno scrivendo da 20 mesi a questa parte una storia tutta da raccontare, accompagnati letteralmente da migliaia di persone, gruppi organizzati, realtà tra le più diverse. Si sono fatti “classe dirigente” per incompetenza manifesta (e abbandono) di quella deputata a governare il Paese a partire da governo e Confindustria. Con una lucidità estrema il Collettivo di Fabbrica ci racconta come si riprende la parola: “Dobbiamo saper occupare anche il mondo della narrazione, perché tanto una storia dipende anche da come la si racconta”.

Poche ore prima dell’inizio dell’evento il liquidatore di 422 vite, il responsabile della fabbrica, aveva intimato: “È fatto divieto assoluto di organizzare il Festival e verranno denunciati gli organizzatori e tutti coloro che si dovessero introdurre all’interno dello stabilimento”. Ad aspettare il messo del Tribunale oggi siamo più di 5.000 persone, tante ne sono arrivate in tre giorni. La cultura degli oppressi non piace nel Paese degli oppressori al Potere. Ce ne faremo una ragione. Intanto è stato scritto un altro capitolo della lotta dei lavoratori della Gkn. “È un fatto storico”, ha detto il narratore per eccellenza Alessandro Barbero, auspicando come “sarebbe bello se gli storici del futuro potessero raccontare che in questa occasione hanno vinto i diritti e la giustizia e non l’arroganza e il profitto a tutti i costi”.

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