“Non si può più parlare di infiltrazioni. Quello del gioco è un settore ormai nelle mani della criminalità organizzata“. A denunciarlo Roberto Rossi, procuratore capo del Tribunale di Bari, durante la presentazione in Senato della relazione conclusiva della commissione Antimafia, per quanto riguarda il rapporto tra gioco d’azzardo e mafie stesse.
“La raccolta di tutte le indagini che abbiamo acquisito ci mostra come la presenza della criminalità organizzata sia diventata pervasiva”, ha aggiunto Giovanni Endrizzi, ex senatore M5s, nella scorsa legislatura a capo del IV Comitato della commissione Antimafia. che si è occupato proprio dell’influenza e del controllo della criminalità sulle attività connesse al gioco. “Con diversi provvedimenti abbiamo verificato come, almeno nel territorio di Bari, tutto il mercato dei videopoker sia in mano alle mafie locali, che li gestiscono e li impongono attraverso imprenditori collusi. Quando siamo andati a vedere gli elenchi dei maggiori vincitori c’erano diversi personaggi della criminalità organizzata, che facevano milioni di puntate. Come è possibile? Semplice, perché si ricicla“, ha spiegato nel corso del convegno. E ancora: “Abbiamo trovato poi come molti punti gioco fossero in mano a parenti di malavitosi. Cosa bisogna fare dal punto di vista normativo? Gare per le concessioni, controlli antimafia per chi apre i punti di gioco, tracciabilità per giocatori sia quando versano somme per poter giocare, sia quando vincono”, è il messaggio lanciato dal procuratore barese al Parlamento.
“Le mafie, a partire dal clan camorristico Di Lauro, cominciarono a infiltrare il settore legale. Una storia che da lì parte, ma che ora è venticinquennale. Sono poi cresciute dal punto di vista informatico: oggi si avvalgono di società esterne, partner che sanno bene di collaborare con la malavita organizzata. Mentre noi paghiamo ancora gap di formazione delle procure, al di là di casi di eccellenza come Bari e Catania. Senza contare come le risorse siano poche. Al contrario il volume di affari illegale è cresciuto”, precisa Gianluca Zandini, consulente della commissione che ha analizzato l’intreccio tra mafie e gioco online. Un trend confermato pure da Endrizzi: “Oggi il confine tra legale e illegale è andato dissolvendosi. Sono 130-140 miliardi di euro per quanto riguarda il gioco legale, oltre venti quelli del mercato illegale, numeri stimati dagli inquirenti e dalla Direzioni investigativa antimafia”.
“Oggi le mafie stanno cominciando a utilizzare criptovalute, bitcoin, che potrebbero rappresentare la nuova frontiera, anche se ancora ora poco utilizzate. Potenzialmente nuovi paradisi fiscali, dove poter conservare soldi in perfetto anonimato”, aggiunge Zandini. In merito al gioco online, lo stesso consulente denuncia: “Vero che si gioca online, ma poi si ‘banca‘ offline, il più delle volte in contanti, quindi aumentare fino a 5 mila euro la soglia del contante non è stata una scelta entusiasmante”. Una decisione, quella del governo Meloni, che lo stesso procuratore di Bari commenta: “Spetta al legislatore decidere, ma si può constatare che più alto è il limite, più è facile riciclare moneta“.
Nella relazione della commissione Antimafia si spiega poi come, “rilevato che il gioco illegale può prestarsi a complesse operazioni di riciclaggio, andrebbe valutata la possibilità di estendere l’applicazione delle intercettazioni telefoniche all’intero settore dei reati di giochi e scommesse gioco, prescindendo dall’entità delle pene edittali”. Tra le richieste anche quella relativa al tracciamento: “La possibilità di tracciare anche prestazioni di gioco che hanno un modesto controvalore economico consentirebbe di poter associare a ogni giocata l’effettiva presenza di persone fisiche”
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