Relazioni di servizio, ma anche protocolli e altri documenti. I carabinieri di Crotone hanno cominciato a raccogliere le carte da inviare alla Procura, che giovedì ha aperto un secondo filone di indagine sul naufragio che è costato la vita ad almeno 68 persone: i magistrati vogliono capire se ci siano state falle nei soccorsi al barcone che nella notte tra sabato 25 e domenica 26 febbraio è naufragato di fronte alla spiaggia di Steccato di Cutro, sulla Costa ionica. Al momento il fascicolo è contro ignoti e senza ipotesi di reato. E’ molto probabile però che, nel caso si dovesse arrivare a responsabilità penali, i reati contestati potrebbero essere omissioni di soccorso e disastro colposo. La delega è stata data dal Procuratore Giuseppe Capoccia ai carabinieri che stanno già raccogliendo del materiale, acquisendo atti dalla Guardia costiera e dalla Guardia di Finanza. L’obiettivo del Procuratore Capoccia e del suo sostituto Pasquale Festa è innanzitutto capire perché le operazioni di soccorso sono partite in ritardo.

Come apprende l’Adnkronos, tra i documenti che saranno raccolti anche nelle prossime ore dai carabinieri ci sono alcune registrazioni audio, ma anche le informazioni ricevute e date via radio. E, ancora, il resoconto delle telefonate partite dalla barca e dai pescatori a riva. Del fascicolo fa parte anche l’attività di Frontex, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, che la sera di sabato 25 febbraio fece una segnalazione. Il velivolo Eagle 1 indicò la presenza di una barca di migranti a 38 miglia a sud est di Capo Rizzuto, “con una persona visibile in coperta”, che “procedeva a una velocità di 6 nodi“. E che “non evidenziava elementi che facessero pensare a una unità in distress“, scriverà poi la Guardia costiera nella relazione che verrà inviata alla Procura. La Guardia costiera fa sapere anche che “come sempre in questi casi, abbiamo immediatamente informato dell’avvistamento il Centro di coordinamento internazionale e le altre autorità italiane competenti, fornendo la posizione dell’imbarcazione, la rotta e la velocità”. Frontex segnalò la presenza della imbarcazione, in arrivo dalla Turchia, al punto di contatto nazionale (cioè la Guardia di finanza) ma anche alla Guardia costiera.

Le due relazioni incompatibili – Obiettivo dell’indagine è capire cosa è accaduto nel buco di almeno sei ore tra le 22:30 di sabato – quando un aereo dell’agenzia europea Frontex ha segnalato la presenza dell’imbarcazione a quaranta miglia dalla costa – e il momento del naufragio, alle 4.10. Poco dopo la mezzanotte partono due motovedette della Guardia di finanza, rispettivamente da Crotone e da Taranto, ma il mare è troppo agitato e i mezzi (non attrezzati) sono costretti a rientrare. Verso le due un nuovo tentativo delle fiamme gialle, mentre i mezzi della Guardia costiera rimangono fermi fino alle 4:10, quando al 112 arriva una telefonata di allarme. Ormai è troppo tardi. Ma nelle relazioni interne che ricostruiscono le ore precedenti allo schianto del barcone di migranti si apre uno scontro tra le due forze militari che fanno capo rispettivamente a Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini. E conferma quanto Il Fatto Quotidiano aveva rivelato mercoledì: i finanzieri telefonarono alla Guardia costiera dopo le loro ricerche andate a vuoto, ma gli operatori del corpo che fa capo al ministero di Salvini non si mossero. Se per ligio rispetto delle “regole di ingaggio”, sottovalutazione o altro lo stabilirà appunto la procura di Crotone che quelle due relazioni – pubblicate dal Corriere della Sera – le ha sul suo tavolo. Con tutti i loro palesi contrasti da chiarire e sciogliere.

Gli interrogativi da sciogliere – La Procura vuole capire, passo dopo passo, quello che è accaduto quella notte. E saranno i Carabinieri a raccogliere questo materiale. Trovare l’imbarcazione è stata considerata un’operazione di polizia per fermare un tentativo di immigrazione irregolare, non una missione di soccorso. Alle 23.03, Frontex ha lanciato una segnalazione al Centro di coordinamento internazionale (Icc, International coordination centre), all’interno della quale sottolineava anche come la rilevazione termica lasciasse presupporre che ci fossero molte persone a bordo e rilevava l’assenza di giubbotti di salvataggio. Due elementi, è bene precisarlo, che devono essere presi in considerazione nel decidere se far scattare una Sar, l’operazione di ricerca e soccorso. Ma c’è anche dell’altro, perché la Guardia di finanza spiega che “alle ore 03:50 la Sala Operativa del Provinciale GdF di Vibo Valentia, mediante la postazione della rete radar costiera, acquisiva un target verosimilmente riconducibile alla segnalazione Frontex”. Due minuti dopo la telefonata i finanzieri individuano quindi il barcone? E perché non viene segnalato alla Guardia costiera che spiega di aver ricevuto una prima segnalazione “battuta al radar” alle 4.25 a “7 miglia, in zona Steccato di Cutro”? Interrogativi che dovranno essere sciolti dagli inquirenti.

Le vittime e i dispersi – Nel frattempo, sono morte almeno 68 persone. Ma il numero delle vittime potrebbe continuare a crescere perché, come emerso nell’ultima riunione del Centro coordinamento soccorsi aperto in Prefettura a Crotone, sono tra 27 e 47 le persone ancora disperse del naufragio avvenuto domenica a Steccato di Cutro. Le ricerche, coordinate dalla Direzione marittima di Reggio Calabria, proseguiranno ad oltranza per tutto il fine settimana con mezzi aerei, navali, nucleo di sommozzatori e con il personale a terra di Guardia costiera, Questura, carabinieri, Guardia di finanza, Vigili del fuoco e Protezione civile. Le condizioni meteo, in peggioramento, potrebbero rendere il tutto ancora più difficile. “Stimiamo che sono circa 30 le persone disperse nel naufragio di domenica”, dice a LaPresse il sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, precisando che “sono state identificati 56 corpi delle 68 vittime. In queste ore stiamo ricevendo richieste dall’estero per il rimpatrio delle salme“.

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