La Guardia di finanza cercò la Guardia costiera nella notte del naufragio quando si rese conto di non poter proseguire il suo intervento. Ma nelle relazioni interne che ricostruiscono le ore precedenti allo schianto del barcone di migranti su una secca vicino alla spiaggia di Steccato di Cutro si apre uno scontro tra le due forze militari che fanno capo rispettivamente a Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini. Uno scontro totale, due versioni incompatibili: l’ennesimo tassello non combaciante che alimenta dubbi, incertezze e sospetti su disorganizzazione e sottovalutazioni del pericolo che quella imbarcazione con oltre 150 persone a bordo stava correndo nel suo avvicinamento alle coste calabresi.

E conferma quanto Il Fatto Quotidiano aveva rivelato mercoledì: i finanzieri telefonarono alla Guardia costiera dopo le loro ricerche andate a vuoto, ma gli operatori del corpo che fa capo al ministero di Salvini non si mossero. Il vice-premier, dopo due giorni in cui ha minacciato querele parlando di “fango”, dovrà mettersi l’anima in pace: c’è la stessa relazione dei “suoi” a confermare il racconto, già sostanzialmente vistato persino dal portavoce della Guardia costiera Cosimo Nicastro che dopo giorni di silenzio con tutti i giornalisti è riapparso a Cinque Minuti di Bruno Vespa. Salvini può twittare quanto vuole: la Guardia costiera, nelle prime ore di domenica, ha deciso di non uscire. Se per ligio rispetto delle “regole di ingaggio”, sottovalutazione o altro lo stabilirà la procura di Crotone guidata da Giuseppe Capoccia che quelle due relazioni – pubblicate dal Corriere della Sera – le ha sul suo tavolo. Con tutti i loro palesi contrasti da chiarire e sciogliere.

Quando i mezzi della Guardia di finanza sono sulla via del rientro a causa delle cattive condizioni meteo, scrivono gli stessi finanzieri, sono le 3.40 circa: “La Sala Operativa del Comando Provinciale GdF di Vibo Valentia comunicava all’Autorità Marittima di Reggio Calabria che le due unità navali della Guardia di Finanza sono state costrette ad interrompere la navigazione per avverse condizioni meteo marine. Gli operatori di sala richiedevano alla medesima Autorità l’intervento di proprie unità navali per raggiungere il target, senza ricevere riscontro”. La Guardia costiera però scrive tutt’altro: “Alle ore 3.48 – si legge nella relazione – la Guardia di Finanza di Vibo Valentia informa i nostri di Reggio Calabria che i mezzi stanno tornando indietro per le condizioni avverse del tempo. Ci hanno chiesto se avevamo unità operative nella zona, noi abbiamo risposto che al momento non ne avevamo in attività operativa ma che le avremmo impiegate se ci avessero chiesto soccorso”.

Una situazione assai diversa da una richiesta di intervento “senza riscontro“. Le due versioni sono in contrasto. Di più: sono incompatibili. Addirittura si smentiscono, visto che la Guardia costiera sostiene che nella telefonata i finanzieri “concordavano sulla mancanza di elementi di criticità”. Una frase che si rifà alla “buona galleggiabilità” a cui faceva riferimento Frontex nella segnalazione delle 23, all’interno della quale però sottolineava anche come la rilevazione termica lasciasse presupporre che ci fossero molte persone a bordo e rilevava l’assenza di giubbotti di salvataggio. Due elementi, è bene precisarlo, che devono essere presi in considerazione nel decidere se far scattare una Sar, l’operazione di ricerca e soccorso. Ma c’è anche dell’altro, perché la Guardia di finanza spiega che “alle ore 03:50 la Sala Operativa del Provinciale GdF di Vibo Valentia, mediante la postazione della rete radar costiera, acquisiva un target verosimilmente riconducibile alla segnalazione Frontex”. Due minuti dopo la telefonata quindi i finanzieri individuano quindi il barcone? E perché non viene segnalato alla Guardia costiera che spiega di aver ricevuto una prima segnalazione “battuta al radar” alle 4.25 a “7 miglia, in zona Steccato di Cutro”? Interrogativi che dovranno essere sciolti dagli inquirenti.

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