A un anno dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin, alcune centinaia di attivisti e pacifisti, insieme ad associazioni, sindacati, ong e terzo settore, si sono ritrovati a Perugia per la marcia per la pace che dal capoluogo umbro ha raggiunto, nella notte tra giovedì 23 e venerdì 24 febbraio, la città di Assisi. “Basta armi, serve una soluzione diplomatica“, è il mantra ripetuto dai partecipanti, partiti a mezzanotte per un’edizione straordinaria della storica marcia.

“Noi crediamo nella politica con la P maiuscola, sappiamo che è la strada che abbiamo per promuovere il riconoscimento e il rispetto di tutti i diritti umani“, ha spiegato al Fattoquotidiano.it il coordinatore Flavio Lotti, alla partenza. Per poi contestare le scelte prese da governi e partiti che da un anno hanno scelto, in Italia come in Europa, soltanto di seguire la strada degli aiuti militari a Kiev: “Finora, purtroppo, abbiamo assistito al suicidio della politica che ha delegato per intero alle armi la soluzione di un problema che la politica non aveva saputo o non aveva voluto risolvere”, ha aggiunto. “La guerra è una trappola, ci siamo finiti dentro e adesso non sappiamo come uscirne. Forse questa è la marcia del giorno prima, quella che deve aiutarci a risvegliarci da questo torpore, da questa nebbia che ci impedisce di scegliere l’unica altra strada che può aiutare il popolo ucraino a salvarsi, insieme anche a tutti noi” ha continuato.

Tra gli attivisti, tra la delusione per le scelte prese in Parlamento dai partiti tradizionali del centrosinistra, Pd su tutti, e la voglia di rivendicare un cambio di strategia, in tanti spiegano: “L’interlocutore di questo popolo? Oggi è rimasto soltanto Papa Francesco“. Perché, si spiega, è l’unico che “ha avuto parole nette contro la corsa agli armamenti”. E ancora: “Ha ragione, siamo in mano a dei pazzi“. Di certo, l’appello al governo è quello di seguire l’esempio e il messaggio del Pontefice.

Alla marcia assenti del tutto, invece, parlamentari o rappresentanti dei partiti. Si vede soltanto l’ex deputato dem Stefano Fassina. “Qui c’è molta sinistra, anche se quella tradizionale fa fatica a capire che le armi non sono una soluzione a questo conflitto”, spiega. Mentre molte sono le associazioni che fanno parte del mondo religioso: “Perché si parla soltanto di aiuti militari e di ‘vittoria’ come prospettiva? Cadiamo nell’inganno che il conflitto promuova un vincitore. Ma la guerra è una sconfitta per tutti. Invece bisogna credere nelle possibilità della pace”, rivendica una suora francescana.

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