“La narrazione pubblica sta paralizzando le persone e creando senso di impotenza. La politica è assente. Serve una maggiore assunzione di responsabilità. Speriamo che questi tre giorni di manifestazioni servano”. A dirlo è Flavio Lotti, coordinatore nazionale della Tavola della pace, la rete di enti e associazioni che ha organizzato la marcia notturna da Perugia ad Assisi in occasione dell’anniversario dell’invasione dell’Ucraina. Il volto di Lotti è legato da sempre alle iniziative per la pace: 63 anni, dal 1995 è l’organizzatore della tradizionale marcia umbra che richiama gente da tutta Italia.

Qual è l’obiettivo della vostra iniziativa di stanotte?

Uno è sociale, l’altro politico. Vogliamo invitare tutti a svegliarsi, a reagire in maniera ancora più decisa e consapevole di quanto fatto in quest’ultimo anno. La maggioranza di italiani contraria all’invio delle armi deve far sentire la sua voce. Il pericolo sta crescendo. Stiamo arrivando a un punto di non ritorno. Molta più gente si deve mobilitare. Il gesto faticoso e impegnativo di questa sera vuol essere un’assunzione di responsabilità più grande.

E quello politico?

Vogliamo riproporre l’appello per il cessate il fuoco. Non possiamo continuare a guardare al conflitto senza una seria iniziativa di pace. La politica non ha fatto tante cose, non c’è solo la questione dell’invio delle armi. La più importante è l’impegno per riaprire un dialogo con l’aggressore che si sta macchiando di crimini enormi. Dobbiamo parlare con il nemico. Tutti, governo e opposizione devono rispondere a questa domanda: qual è la vostra strategia? Come farete a proteggerci, ad evitare che l’Italia venga travolta dalla guerra?

Sembra che nemmeno il centrosinistra sia così deciso a sostenere un percorso di pace.

C’è un’assenza della politica, tutta. Non ha assunto un ruolo. Hanno delegato alle armi la soluzione del problema. Questa alternativa tra sottomissione e guerra la rifiutiamo. Serve trovare un altro modo per difendere gli ucraini, altrimenti faranno la fine dell’Afghanistan.

Chi sentite vicino al vostro movimento?

Accanto a chi vuole la pace c’è solo papa Francesco. Lo dico con gratitudine ma anche preoccupazione. Non c’è leader mondiale alla pari. Il segretario dell’Onu pronuncia parole preoccupanti che vengono ignorate. Dalla parte delle vittime, l’unica guida politica e morale è Bergoglio.

Per molti anche i comportamenti del presidente Zelensky sembrano essere talvolta un po’ fuori luogo.

C’è un aggressore e ci sono degli aggrediti. Pensare che la pace la facciano i russi e gli ucraini è una speranza mal riposta serve l’impegno di tutti gli altri attori, a cominciare dall’Europa, che deve assumersi la responsabilità di fare cose diverse da quanto proposto dagli Stati Uniti. Tutto questo non è pacifismo o altro, ma il minimo di buon senso. Non do giudizi.

In questi giorni sono tante le manifestazioni organizzate. È cambiato il clima o c’è ancora distrazione?

C’è rassegnazione. La gente non ha capito cosa sta realmente accadendo. Quel movimento di cittadini per la pace è tutto da costruire. Mi auguro che questi tre giorni servono per arrivare a fare un lavoro quotidiano, una pressione politica più forte. Altrimenti tra un anno rischiamo uno scenario ancora più tragico.

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