La mafia sta solo al Sud, la logica dei meridionali è la ricerca di una rendita, come dimostra il successo del reddito di cittadinanza, il Sud tollera la mafia, i magistrati dediti al potere sono tutti meridionali, il 41 bis va abolito e sostituito con la lobotomia dei detenuti. Sono alcune delle bestialità scodellate a La Zanzara (Radio24) da Gian Luca Brambilla, imprenditore brianzolo nel campo delle gelaterie e noto volto del salotto televisivo di Myrta Merlino, L’aria che tira.
Brambilla esordisce nella sua ospitata, citando un suo professore universitario della Bocconi, reo di ironizzare sul suo cognome meneghino: “Era di Napoli. Un napoletano, un terrone”.
Poi discetta di paesi, ovviamente meridionali, dominati dal pizzo e dalla criminalità: “A Foggia non aprirei una gelateria neanche morto, è la città più pericolosa d’Italia ed è considerato tra le città più pericolose d’Europa, usano la dinamite per far esplodere i negozi. Aprire un negozio nella Locride? Ma state scherzando? Lì è tutto in mano alla mafia e alla ‘ndrangheta”.

Inevitabile lo scontro frontale con uno dei conduttori, David Parenzo, che gli ribatte: “A Milano e in Lombardia invece non c’è la mafia. Ma questo è scemo proprio”.
L’imprenditore replica: “Ti querelo. Scemo lo dici a tua sorella. La mafia in Lombardia non è fatta dai milanesi, è fatta dai calabresi, fenomeno di un genio”. Poi scimmiotta l’accento catanzarese e aggiunge: “La mancanza della crescita economica di questo paese è dovuta al Sud, che è una palla enorme al piede, che non sta trascinando il paese e dove non girerà mai l’economia finché lì c’è la mafia. Il Sud tollera la mafia, non ha partigiani contro i mafiosi”.
“E la mala del Brenta cosa è? Ma tu sei proprio scemo”, ribadisce Parenzo.
“E tu sei un pirla – risponde Brambilla – Quelli sono 4 coglioni a cui non hanno neanche riconosciuto l’aggravante mafiosa”.

Il brianzolo poi si pronuncia sul 41 bis: “È una misura sbagliata, come la pena di morte. In questa gente va estirpata la violenza dalla testa con una bella lobotomia. Il caso Cospito? Io provo una certa tenerezza per gli anarchici, rispetto alla mafia sono un fenomeno quasi ridicolo, quasi un gioco. Mi ha fatto impressione che Cospito dal carcere potesse dare ordini, è una follia. Dobbiamo usare la castrazione chimica in tutta Europa, a tutti quelli che in carcere hanno un problema facciamo la punturina, solo che devi farla una volta all’anno. Ho studiato il tema”.
“Vabbè, questo è una macchietta”, commenta rassegnato Parenzo.

Brambilla, poi, si improvvisa antropologo e sfodera la perla delle perle: “I meridionali hanno una cifra antropologica diversa da quella dei settentrionali. Per quello che ho studiato, ogni gruppo etnico ha una cifra che lo distingue, cioè usi, tradizioni, abitudini, modi di fare e valori. La caratteristica del Sud è che per i meridionali conta il potere e comandare. La loro cifra antropologica è la ricerca del potere e della rendita – continua – Basta vedere la mafia cosa fa. Se leggete il libro di Sergio Rizzo, “Potere assoluto. I cento magistrati che comandano in Italia”, è la stessa cosa: quei magistrati sono tutti meridionali e hanno sempre questo atteggiamento così, di potere. Noi invece al Nord non cerchiamo il potere, ma i danè. A noi piacciono i soldi. Ma è una cosa diversa dal potere. Il potere ti dà sempre un denaro sporco”.

Parenzo gli dà dello svitato e del somaro, ma lui rincara: “I meridionali per ottenere il potere lavorano quanto i settentrionali, poi ovviamente vogliono una rendita, perché la logica del meridionale è la ricerca di una rendita. Vedi per esempio il successo del reddito di cittadinanza al Sud, i percettori preferiscono prenderlo anziché mettersi in discussione per andare a lavorare. Invece – aggiunge – quei lombardi che ne avrebbero diritto non lo prendono perché si vergognano del reddito di cittadinanza, hanno una dignità. Tra l’altro, i miei amici meridionali mi dicono sempre: ‘Vieni giù al Sud a rilassarti, Brambilla’”.

Ma non finisce qui perché all’imprenditore lombardo toccherà confrontarsi con gli aficionados della Zanzara.
Il primo radioascoltatore, che si è laureato e ha lavorato a Milano, è un agente di commercio di Ragusa che senza mezzi termini gli dà dell’”energumeno”, del “gelataio”, della “capra”, del “razzista”, dell’”ignorante”, aggiungendo: “Uno che generalizza in questo modo sulla pelle di milioni di meridionali onesti che lavorano è solo un ignorante. Io sono contento che tutti gli imprenditori del Nord non siano come lei, povero cretino. La sua ignoranza è un buco nero”.
L’unica risposta argomentata dell’imprenditore è: “E tu sei un imbecille, torna a fare il giro dai tuoi clienti con la valigetta. Fai il bravo”.

Poi si lamenta del basso livello del radioascoltatore, rimediando un poderoso sfottò da Parenzo. È poi il turno di un altro ascoltatore, che con modi forbiti esordisce: “Questo signore è lo stesso che disse che aveva paura dei meridionali che erano in giro a Milano. Provo ad alzare un po’ il livello e cerco di non insultarla a sangue”. Ma l’uomo non ce la fa e decede dal suo proposito: “Tu dici di essere laureato alla Bocconi, ma secondo me hai studiato ai cessi della Bocconi o forse li pulivi. In ogni caso, caro, come ti permetti di offendere antropologicamente delle persone? Esistono persone come Matteo Messina Denaro, che sono delle merde umane che fanno male al prossimo e alla Sicilia. Ed esistono persone come te, che sono delle teste di cazzo che fanno male ai lombardi”.
Il radioascoltatore successivo sarà più moderato: “Brambilla, dici un sacco di cazzate. Sei un cavernicolo. Ma come si fa a dire che bisogna lobotomizzare le persone?”.
E l’imprenditore risponde con uno strafalcione indegno dei suoi studi alla Bocconi: “Io mi riferisco ai mafiosi che ‘non si pentiscono’”.

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