“Il problema del Pd? Non è l’egemonia della sinistra. Dov’è questa sinistra? Mi interessa il programma di Elly Schlein, perché sento una visione nuova, un’urgenza di una risposta che non sia l’apologia dello status quo“. Rivendica di “non voler dare indicazioni di voto, ma solo un contributo di idee”, in vista del Congresso del partito, Goffredo Bettini, nel corso della presentazione del suo libro “A sinistra. Da capo” (edito da Paper first) presso la sede della Filt Cgil a Roma, con ospiti l’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando, il deputato Roberto Morassut e la stessa deputata e candidata al Congresso dem. Eppure, dalla sinistra del partito, seppur senza endorsement ufficiali e chiari, sono ormai partite le prove di avvicinamento e di intesa verso la corsa della stessa Schlein.
Non è un caso che non siano mancate nel corso del dibattito le frecciate nei confronti del candidato considerato favorito dai sondaggi, il presidente della regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini. A partire dal tema del ricambio della classe dirigente: “Vedo che anche i candidati alla segreteria dicono che loro sono nuovi e io, Bersani, D’Alema, Orlando, siamo vecchi, da rottamare, perché arrivano i giovani. Devo dire la verità: l’unica che possa dire qualcosa in questo senso è Elly Schlein, perché francamente gli altri sono abbastanza vaccinati nelle ‘fattorie’ del Pd”, ha avvertito sarcastico Bettini. Seguito dalla stessa candidata: “Non sono mai stata una rottamatrice. Noi non siamo qui per fare una resa dei conti identitaria, peraltro, su vecchie classificazioni. Siamo qui per fare un’operazione molto più difficile: sfidare tutte le culture politiche che hanno costruito questa storia su un quesito ormai ineludibile: come cambiamo questo modello di sviluppo che non funziona più? Se qualcuno pensa che negli ultimi 15 anni sia andato tutto bene, lo dica. C’è anche un atteggiamento spesso apologetico, invece questa è la frattura più profonda”.
Parole condivise anche da Andrea Orlando, che da settimane insiste sulle radici socialiste: “Il Pd non ha mai sciolto il nodo della doppia anima, fra coloro che ritengono che il riformismo sia un modo di oliare ingranaggi che non funzionano e chi ritiene che si debba mettere in discussione il meccanismo stesso, non il suo funzionamento. Con questa tensione è inevitabile che si consumino i gruppi dirigenti”.
Se altri big della sinistra interna come Giuseppe Provenzano sono da tempo schierati con Schlein, l’ex ministro del Lavoro misura ancora le parole, ma precisa: “Serve confrontarsi sul terreno della cultura politica. Senza una sintesi il Pd non c’è più. Non vedo una piena consapevolezza di questa sfida, leggo qualche elemento soltanto nelle parole di Elly Schlein”. E ancora, pungendo Bonaccini: “Dalle altre parti dicono: ‘Togliamo Orlando, Franceschini e Guerini e abbiamo risolto’. Oppure i parlamentari contro i sindaci, i romani contro i provinciali. Onestamente, delle barzellette. Senza ridare al partito una funzione che in questi anni non ha mai avuto, questa partita è persa”. Sembrano prove di intesa tra Orlando e la neo deputata, con l’ex ministro che insiste: “Io non voglio regalare la rappresentanza del disagio ad altri, voglio dargli una prospettiva di governo, ma per farlo non si può avere una posizione moderata e neo centrista“. E Schlein che si accoda: «Lo spostamento al centro del Pd c’è stato e ha spinto molti ad allontanarsi”. E non è l’unico punto di contatto, come quando la deputata loda l’ex ministro per aver cercato di emulare su contratti a termine e diritti quanto fatto da Yolanda Diaz in Spagna, con il governo Sanchez II.
In vista dell’assemblea di sabato, però, in casa dem, dopo lo scontro sulle regole e la Costituente ‘congelata’ e rinviata, di fatto, a dopo le primarie, non mancano le tensioni interne, ora anche sul nodo del nuovo manifesto dei valori. Schlein però rilancia: “Io credo che la fase costituente dovrà andare avanti e non si dovrà fermare finché non saremo una cosa nuova. Quello che siamo stati fino a qui non basta più e la fotografia più severa l’abbiamo avuta il 25 settembre. Non si può essere tutto e il contrario di tutto. Manca un’identità chiara e forte che noi vorremmo restituire al partito. Bisogna scegliere, è il tempo delle scelte”.
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