Mentre alla Camera la maggioranza si incarta sulla manovra, con il via libera che arriverà all’alba della vigilia di Natale dopo giorni di scontro e pasticci in commissione Bilancio, in casa Partito democratico è invece il dibattito interno in vista del Congresso e le primarie future per la segreteria a ‘lacerare’ tra loro le correnti interne. Così, al Nazareno va in scena il primo confronto tra i candidati: al momento Stefano Bonaccini, la sua ex vice in Emilia Romagna Elly Schlein e Paola De Micheli, anche se in extremis altri potrebbero sciogliere la riserva. Come Gianni Cuperlo, che nella sinistra dem ancora medita di correre (in solitaria o forse in tandem con la stessa De Micheli, che spiega: “Se mi sostiene sarei felicissima”, ndr).
Nell’attesa, con i sondaggi che fotografano un partito a picco, il Qatargate sullo sfondo e il governo Meloni che continua il suo affondo contro poveri e precari, con lo smantellamento del Reddito di cittadinanza, tra i dem i timori più grandi sembrano legati al fantasma evocato della ‘dissoluzione’ e al confronto sui “valori fondanti“. Così, contro la paura della rottamazione e lo spostamento troppo a sinistra (con gli ex Popolari di Pierluigi Castagnetti e Beppe Fioroni che già avevano minacciato scissioni), c’è chi ha riunito i candidati alla segreteria per l’iniziativa “Per una fase vera Costituente”. “Vogliamo delineare una cornice, che per noi trae i principi fondamentali nell’Ulivo del 1996 e nel Lingotto del 2007. Questi punti cardinali sono per i promotori gli assi fondanti”, avverte il tesoriere Walter Verini, tra i promotori dell’incontro. “Poi ogni candidato dipingerà il quadro che ritiene migliore, ma dentro una cornice comune”.
Il dilemma in casa Pd resta lo stesso: cambiare o meno, quanto e come farlo. Così c’è chi affonda: “La soluzione alla nostra crisi non deve essere quella di una riedizione della sinistra dei Ds”, recita Marianna Madia. Mentre la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno, mette in guardia contro la “cancellazione di 15 anni straordinari, non può essere il congresso dell’abiura“. E ancora, secondo Graziano Delrionon serve un nuovo partito“. E Debora Serracchiani avverte: “Dalla fase costituente siamo passati alla fase della liquidazione, un errore”.
In sintonia con i timori in sala, sembra esserci soprattutto Stefano Bonaccini, che avverte: “Avverto pulsioni a cambiamenti regressivi, più per un ritorno alle casematte precedenti e non per una sintesi aggiornata sui mutamenti degli ultimi 15 anni. Le contrasterò, sarebbe la fine del Pd, ci porterebbe su binari minoritari”. E ancora: “Siamo una forza laburista, nel senso che assegniamo al lavoro e ai lavori una funzione di cittadinanza democratica, come dice la nostra Costituzione. Parliamo però di lavori, perché siamo nel 2022, non nel 1970“. Parole che sembrano un affondo contro quella sinistra interna, anche nei confronti di chi come Andrea Orlando e Goffredo Bettini, avevano parlato dell’esigenza di scelte nette e di una forza da costruire ‘socialista ed ecologista’.
La replica arriva da Schlein che avverte: “Non siamo qui per fare una resa dei conti identitaria. Ma non vogliamo più rinunciare ad avere una visione chiara. La sfida non è tra quanto riformismo e quanta radicalità ci serve. Ma in una riflessione su come cambiare il modello di sviluppo che non funziona più”. Nodi che sembrano ancora irrisolti in casa Pd. Così c’è chi, tra i candidati, avverte: “Timori di cambiare? Per il Pd è finita un’epoca, il cambiamento non può essere un maquillage“, spiega De Micheli. Tutto mentre Bonaccini attacca: “Guai a far noi la fotocopia dei 5 Stelle o del Terzo Polo, come da qualche parte leggo. Se facciamo le fotocopie la gente sceglierà l’originale”.
“Se non siamo percepiti come il primo partito che si batte per la difesa di lavoratori, precari e ultimi un motivo ci sarà. Non possiamo soltanto autoassolverci. Le parole di Bonaccini sulle pulsioni minoritarie e le polemiche sulla Costituente? Noi a un certo punto abbiamo perso l’anima, quella te la dà la politica, non una Carta. Abbiamo il dovere di aprirci e non avere tabù”, replica Francesco Boccia, coordinatore della mozione Schlein.
Intanto però i sondaggi calano e l’opposizione latita, almeno nella sua efficacia. “Serve accelerare il Congresso, ho proposto di fare le primarie alla fine di gennaio o inizio febbraio, con voto iscritti che vale 2 e il voto degli elettori che vale 1”, avverte De Micheli. Bonaccini si accoda: “Io non credo che gli italiani capiscano perché ci vogliano mesi, mesi e mesi per eleggere un nuovo segretario e un nuovo gruppo dirigente”. In casa Schlein c’è chi lo considera un modo per frenare la sua crescita. In attesa delle mosse di Cuperlo.
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Reddito, per Meloni “i lavori dignitosi ci sono”: “Non pagheremo chi aspetta quello dei sogni”

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