Quando io sono arrivato il primo obiettivo della mia procura non poteva che essere la cattura di Matteo Messina Denaro”. Un obiettivo che il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia, ha raggiunto in appena tre mesi dall’insediamento avvenuto lo scorso 15 ottobre. “Io ho fatto l’ultimo miglio di un lavoro lungo e complesso dei colleghi che mi hanno preceduto”, racconta a pochi giorni dalla fine della latitanza di Matteo Messina Denaro. De Lucia ricorda come “l’intuizione di fare le verifiche sul presupposto della malattia” è stato il “momento di accelerazione” di una lunga caccia all’uomo che ha poi portato alla cattura del boss.

Un arresto che “per noi rimane di estrema importanza per due ragioni”, aggiunge il procuratore: “Intanto perché chiude un conto con il periodo stragista ma anche perché auspichiamo di poter capire quali potranno essere i successivi sviluppi di questa indagine e gli sviluppi della stessa Cosa Nostra”.

Tra le sbarre c’è infatti l’uomo dei segreti della mafia siciliana e delle stragi. “Lui certamente custodisce un patrimonio importante di informazioni su quella stagione. Era uno dei giovani più vicini a Salvatore Riina, acquisiva confidenze dirette dal capomafia, ma soprattutto – sottolinea de Lucia – è un uomo che per le sue relazioni era in grado di gestire dei rapporti che possono essere quelli che hanno portato al suggerimento per i famosi luoghi di prestigio artistico che sono stati colpiti nel 1993”.

Questo è uno dei tanti segreti custoditi da Matteo Messina Denaro sui quali la procura palermitana sta indagando. “Ma naturalmente – precisa de Lucia – una cosa è indagare sui dati esterni, una cosa è potere sapere da lui quello che veramente è successo”.

Al momento però l’ex latitante si è trincerato dietro il silenzio: “Il giorno della cattura – racconta il procuratore capo – non ci ha detto nulla, c’è stato soltanto un fugace contatto nel quale siamo stati noi ad assicurargli la garanzia delle cure e delle visite che avrebbe potuto proseguire nel regime detentivo. Lo Stato è lo Stato, non si mette alla pari con i mafiosi. Noi abbiamo il dovere – conclude – di salvaguardare l’integrità e la salute di tutti, anche del peggiore dei criminali”.

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