Antonio Panzeri, colui che è considerato il grande macchinatore dello scandalo sulle presunte mazzette pagate da Marocco e Qatar in Ue, diventerà anche il pentito che svelerà il sistema criminale in seno al Parlamento ai procuratori belgi. L’ex eurodeputato di Articolo 1 ha infatti stretto un accordo con la Procura federale belga e ha deciso di collaborare, secondo quanto comunicato dagli stessi investigatori. Racconterà tutta la verità e si impegna a “informare la giustizia e gli inquirenti in particolare sul modus operandi, gli accordi finanziari con Stati terzi, le architetture finanziarie messe in atto, i beneficiari delle strutture messe in atto e i vantaggi proposti, l’implicazione delle persone conosciute e di quelle ancora non conosciute nel dossier, ivi inclusa l’identità delle persone che ammette di aver corrotto”. Il tutto in cambio di un solo anno di reclusione.

La Procura ha accolto la novità definendola una “importante evoluzione” nelle indagini, con uno dei “protagonisti importanti” del dossier, accompagnato dai suoi avvocati, che ha firmato un memorandum con il procuratore federale in base ad alcuni articoli del codice di procedura penale belga che riguardano i “pentiti”. Questo accordo permetterà all’ex sindacalista, che oggi ha visto rinnovarsi la sua detenzione per almeno un altro mese, di ottenere uno sconto di pena che prevederà “il carcere, un’ammenda e la confisca di tutti i vantaggi patrimoniali acquisiti, valutati per ora intorno a 1 milione di euro“. È la seconda volta nella storia della giustizia belga, spiega la Procura, dalla messa in atto della legislazione sui “pentiti”, termine riportato in italiano perché ispirata alla legge italiana che consente le inchieste di mafia, che si arriva alla firma di un memorandum. Nell’interesse dell’inchiesta, “nessun’altra informazione sarà fornita, per ora. La stampa verrà informata di eventuali nuovi sviluppi attraverso un comunicato”.

Nemmeno il tempo di dare l’annuncio che le indiscrezioni sulle dichiarazioni rilasciate da Panzeri ai magistrati, utilizzate dagli inquirenti per richiedere la revoca dell’immunità per gli eurodeputati Andrea Cozzolino e Marc Tarabella, iniziano a circolare. L’ex eurodeputato ha spiegato al giudice Michel Claise e ai suoi uomini che “l’iniziativa portava avanti in Parlamento era un’iniziativa di lobbying e ovviamente cercavamo dei parlamentari che fossero disponibili ad appoggiare certe posizioni in favore del Qatar. In questo quadro alcuni parlamentari hanno appoggiato tali posizioni per semplice convinzione e io e Giorgi, a volte io da solo, qualche volta Giorgi, li abbiamo invitati a una riflessione su queste posizioni”. Panzeri spiega il metodo persuasivo messo in atto dalla sua ‘squadra’: “Li consigliamo, diciamo loro che ‘sarebbe utile’, ma non tutti sono d’accordo. In un caso, vale a dire quello di Marc Tarabella, è stato ricompensato più volte per un importo totale, a memoria, di 120-140mila euro”. Panzeri racconta di aver dato “più volte il denaro in contanti” a Tarabella. “Talvolta ero accompagnato da Giorgi Francesco. Consegnavo il denaro a Tarabella in luoghi diversi. Il denaro si trovava in sacchi di carta. È cominciato due anni fa”.

Anche alcune dichiarazioni di Francesco Giorgi sono state inserite nella richiesta di revoca dell’immunità per i due eurodeputati socialisti: “I deputati corrotti sono Tarabella e indirettamente Cozzolino. Cozzolino era coinvolto con il Marocco, aveva dei contatti con Atmoun (Abderrahim Atmoun, ambasciatore marocchino in Polonia che secondo chi indaga rappresentava il collegamento tra il gruppo al Parlamento Ue e i servizi segreti di Rabat, ndr) grazie a Panzeri. Panzeri era il presidente della commissione Maghreb, poi ha passato il testimone a Cozzolino. Prendeva delle cravatte o degli abiti. Panzeri ne prendeva anche dopo questo passaggio di testimone. Non conosco gli importi esatti ma sono inferiori a quelli del Qatar, si parla di qualche decina di migliaia di euro“. Giorgi prosegue dicendo che “il Marocco era un Paese molto importante per il signor Panzeri. Vi ha ricevuto la Legione d’onore, aveva molti amici in Marocco. C’era un accordo con l’ambasciatore marocchino in servizio in Polonia. Si chiamava Atmoun Abderrahim. Ha un po’ lo stesso ruolo del ministro del Qatar. Le discussioni vertevano sul controllo dei dibattiti in Parlamento, in particolare gli attacchi dell’Algeria e le questioni geopolitiche tese. Il signor Atmoun veniva a Bruxelles, oppure ci spostavamo da lui a Parigi, nel suo appartamento”.

Panzeri rimarrà comunque in carcere per almeno un altro mese, dopo l’udienza davanti alla Camera di consiglio alla quale ha preso parte anche l’ex eurodeputato di Articolo 1, in custodia dal 9 dicembre scorso insieme al suo ex assistente, Francesco Giorgi, l’ex vicepresidente del Parlamento europeo, Eva Kaili, e al segretario generale della ong No peace Without Justice, Niccolò Figà-Talamanca. Dall’Italia è invece arrivato dalla Corte d’appello di Brescia un primo via libera alla consegna al Belgio della moglie e della figlia dell’ex eurodeputato, Maria Dolores Colleoni e Silvia Panzeri, al momento agli arresti domiciliari.

Il legale dell’ex sindacalista, Laurent Kennes, ha spiegato che “per i casi di corruzione” la pena massima “è di quattro anni”, mentre quando si parla di associazione a delinquere i rischi sono “più importanti” e quindi gli indagati “rischiano di più, ma anche la violazione del segreto professionale prevede una pena massima di tre anni”. Per esperienza, “so che è difficile portare a termine questo tipo di inchieste” sulle fughe di notizie, ha evidenziato il legale, rammaricandosi che la giustizia non riesca a fermare i leaks sulla stampa.

L’avvocato di Panzeri ha comunque precisato che “oggi non faremo commenti di alcun genere, tutte le dichiarazioni le faremo alla giustizia”. L’avvocato si è scagliato in particolar modo sulla “fuga di notizie” che a suo dire ha caratterizzato lo scandalo mazzette in Ue: “In venticinque anni ho visto raramente” fughe di notizie “come ne ho viste su questo dossier. Per questo motivo ho deciso di non fare commenti, perché crediamo che inquinino l’inchiesta”, ha spiegato Kennes al Palais de Justice di Bruxelles, aggiungendo di aver appreso gli elementi dell’indagine “attraverso la stampa”.

“Leggendo i quotidiani abbiamo scoperto cose che non sapevamo, è qualcosa di abbastanza straordinario – ha detto ancora il legale – Il pericolo è non solo che venga inquinata l’inchiesta“, ma che i leaks abbiano effetto anche sulle “due persone per cui è stata chiesta la rimozione dell’immunità che non sono state ancora interrogate e che verranno interrogate più tardi”, ha spiegato in riferimento a Cozzolino e Tarabella. “Gli elementi del dossier sui quali verranno interrogati parzialmente sono già comunicati e questo nuoce alla qualità dell’inchiesta e alla sua credibilità”, ha proseguito Kennes.

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