Cultura

Sala delle Asse, capolavoro di stanza “immersiva” che Leonardo da Vinci realizzò 500 anni fa. Milano lo restaura e riporta alla luce (dopo secoli)

Quest'anno partirà la gara per i lavori di riqualificazione conservativa e le operazioni andranno avanti (almeno) fino alla seconda metà del 2025. Il racconto di questa missione di Claudio Salsi, fino al 31 dicembre soprintendente del Castello Sforzesco. "Fu un progetto di design di altissimo livello che aveva una funzione illusionistica che dava la sensazione di entrare in un giardino e una allegorica: l'albero di gelso era Ludovico il Moro"

di Marco Ferri

Il visitatore che varca la soglia del Castello Sforzesco di Milano ha quasi sempre il desiderio di ammirare la cosiddetta Sala delle asse con le realizzazioni di Leonardo da Vinci. Durante il 2019, in occasione del 500esimo anniversario della morte del Genio e fino al febbraio 2020 ciò fu possibile visitarla; poi la pandemia impose la chiusura del Castello e di tutti i suoi tesori. Per rivedere la tanto ambita sala, se tutto andrà bene, bisognerà attendere la seconda metà del 2025 perché nel frattempo tutto l’ambiente sarà sottoposto a un delicato intervento di restauro conservativo.

La Sala delle asse, la più famosa del Castello milanese, è una fondamentale testimonianza della presenza leonardiana alla corte sforzesca. Situata al piano terra della torre angolare a Nord-Est, detta la Falconiera, la sala deve il suo nome al rivestimento ligneo che in epoca sforzesca si utilizzava per rendere alcuni ambienti meno freddi e più confortevoli. La sala fu decorata da Leonardo intorno al 1498, durante il ducato di Ludovico il Moro, ma i successivi secoli vissuti dal Castello sotto le dominazioni straniere celarono per qualche tempo il ciclo dipinto; in esso vi è dipinto un finto pergolato formato dai rami fioriti e fittamente intrecciati ai quali si annoda, con un gioco prezioso, una corda d’oro. Al culmine dell’intreccio vegetale la glorificazione del buon governo del Moro è rappresentata dallo stemma araldico degli Sforza.

Alla fine del XIX secolo, grazie alle ricerche dell’architetto Luca Beltrami e dello storico tedesco Paul Müller-Valde furono trovate interessanti tracce di pittura nella volta, cui seguì un esteso restauro compiuto da Ernesto Rusca nel 1902, il quale riprese la decorazione quattrocentesca restituendole i suoi colori vivaci. Oltre un secolo dopo ci risiamo, ma ovviamente nel frattempo tecnologie e metodi di restauro sono cambiati e presto ci sarà la possibilità di ammirare la Sala come nessuno l’ha più vista da vari secoli a questa parte.

Per capire meglio i dettagli del restauro appena deliberato dalla Giunta milanese, ilfattoquotidiano.it ha contattato Claudio Salsi, soprintendente del Castello Sforzesco fino al 31 dicembre ed ex presidente del Comitato scientifico formato per l’occasione. “L’intervento di restauro – dice Salsi – è stato preceduto da un’azione esplorativa iniziata nel 2006. Il cantiere di recupero della sala è invece iniziato nel 2013 e si svolse in tre fasi. Le prime due sono contestuali e prevedono innanzitutto il restauro e la messa in sicurezza del monocromo di Leonardo, porzione di parete dipinta con rocce, radici etc.. Allo stesso tempo abbiamo messo in piedi il complicatissimo cantiere di studio che consisteva nell’esplorare le pareti alla ricerca di tracce di pittura o decorazioni coeve all’intervento di Leonardo e dei suoi collaboratori, per capire se vi fosse rimasto qualcosa, una volta rimossa la copertura lignea. Qualcosa era già stato trovato prima, ma erano segni flebili”. La novità, racconta l’ex funzionario di Palazzo Marino, è emersa dopo: “Sotto a tanti strati di scialbo, induriti dall’uso improprio di quei locali, sono stati rinvenuti tanti disegni preparatori del progetto decorativo – continua – In particolare abbiamo trovato i contorni dei tronchi che poi si riunivano alla volta e formavano questo intreccio di rami; e ancora, alcune tracce del sottobosco che creava un vero e proprio paesaggio; e infine un ‘paesaggino’ con montagne, dirupi e casette; unitamente a queste scoperte abbiamo capito che il progetto decorativo partiva dal basso ed era completo: oggi avremmo definito la sala ‘immersiva’. Si trattava quindi di un progetto di design di altissimo livello con varie finalità. La prima era illusionistica: chi entrava doveva avere la sensazione di essere in un giardino e vedere un sottobosco come quinta e una linea dell’orizzonte del territorio. La seconda finalità era quella allegorica, perché l’albero di gelso esprimeva la figura di Ludovico il Moro che aveva scelto il gelso per emblema, simbolicamente positivo”.

Tutto ciò è una sorta di lunga premessa all’intervento vero e proprio che inizierà con operazioni preliminari: “Le ultime indagini sotto le pareti scialbate – prosegue Salsi – ci hanno permesso di trovare dei brani di cielo di un azzurro meraviglioso, purissimo che risale alla fine del Quattrocento. Un anno fa è cessato il cantiere di studio e l’intervento che sta per iniziare vedrà protagonista l’architetto Silvia Volpi, direttore dell’area tecnica del Comune di Milano che si avvarrà della progettista Michela Palazzo, esperta di conservazione e già direttrice del Cenacolo Vinciano, che sarà coadiuvata da Francesca Tasso e da Irene Scarcella. Si tratterà – aggiunge – del restauro conservativo della volta, un’enorme superficie dipinta, non affrescata, in cui si vuol mantenere la zona oggi visibile rimuovendo tutti i depositi che nel frattempo si sono formati”.

I tempi però non saranno brevi: la previsione è che tutto il 2023 sia impiegato per preparare uno speciale capitolato di gara e per bandirla; l’avvio dei lavori è previsto non prima dell’inizio del 2024, per una durata che potrebbe oscillare tra i 12 e i 18 mesi: “Dipenderà molto dallo stato della pittura – conclude Salsi – cioè se si riterranno necessarie integrazioni e stuccature. Comunque non sarà stato tempo trascorso invano: per esempio durante i mesi in cui la Sala fu aperta, dal maggio 2019 al febbraio 2020, avevamo realizzato una tribuna per meglio vedere il monocromo e avere una prospettiva su tutti i disegni preparatori di questi tronchi nodosi. Quella fu l’occasione in cui ci si accorse che si tratta di una delle più importanti scoperte per la storia dell’arte degli ultimi anni, perché ci ha svelato il modo di procedere di Leonardo e la sua visione di decorazione prevista per un personaggio così importante come Ludovico il Moro”.

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