Cosa hanno in comune un paparazzo superstar e “le affinità elettriche” di due amanti degli anni ‘30? Sarebbe interessante proporre ai lettori di fare un gioco e scatenare la fantasia ma vado per punti.

Il paparazzo più famoso degli Stati Uniti è Ron Galella. Le affinità elettriche furono quelle passionali tra Man Ray e Lee Miller.

Due mostre ricche di suggestioni e di erotismo che ho visitato e che mi hanno piacevolmente inebriata.

Inizio con Galella – scomparso a 91 anni lo scorso anno – e la sua “faccia da tolla”. Sì, perché per essere così superstar in quell’ambito mica era facile. In 50 anni di carriera ha scattato milioni di fotografie a celebrità come Marlon Brando da cui prese un sonoro pugno, John Lennon, Mick Jagger, Twiggy, Cher, Hugh Hefner, Olivia Newton John, Jackie Kennedy solo per citarne alcune.

Una bella mostra a Conegliano lo celebra nell’accogliente Palazzo Sarcinelli. Si entra sculettando in modalità Studio54 perché i curatori hanno pensato ad un sottofondo musicale mica male; 180 fotografie che trascinano in un mondo che non esiste più, oltretutto di “non pose”, di spontaneità, di dive e divi ormai scomparsi. Per non parlare del concetto di privacy che oggi è ridicolo.

Un aneddoto che mi ha fatto sorridere è stato quello su Steve McQueen che il paparazzo rincorse in Giamaica durante le riprese di “Papillon”. Era il 1973 e Galella sapeva che AliMacGraw, sposata con Bob Evans ma perdutamente innamorata di McQueen, avrebbe raggiunto l’attore durante le riprese: una loro foto insieme sarebbe stata ricercatissima. Ma nessuno scatto in esclusiva fu fatto, le riprese erano già finite e Galella pur di non rimanere a bocca asciutta chiese una intervista ai due. Si presentò solo Steve molto irritato; sfinito dalla pressione del fotografo accettò quindici minuti di posa a patto che subito dopo se ne partisse col primo aereo dalla Giamaica. Il metodo certo non era dei più soft ma, amiche e amici miei, il risultato dei ritratti è favoloso.

Sophia Loren nel 1965 arrivò all’anteprima de “Il dottor Zivago” con un abito scollato bianco. Mentre Galella la fotografava, le chiese cosa trovasse di seducente in Omar Sharif. Lei da brava italiana rispose con un gesto che diventò uno scatto iconico. “Pensavo che gli italiani avessero gli occhi più belli del mondo; ora credo che i più belli siano quelli degli egiziani” disse nel mentre la diva. Questi e tanti aneddoti sono contenuti nel libro “100 fotografie iconiche – la mia retrospettiva, Ron Galella” di Sime Book.

Era nato nel 1931 a Muro Lucano – in Basilicata – e nel 1968 tornò in Italia. Fece un tour sui set cinematografici di film che da Hollywood venivano girati appunto in Europa. Ecco quindi Giannini e Gassman sorridenti e figaccioni. Virna Lisi meravigliosamente imparruccata e con una espressione degli occhi da trafiggerti per la bellezza. Diciamocelo, oggi molti di noi ormai subiscono il fascino del “paparazzo approach”. Giriamo per strada e col cellulare a volte scattiamo foto a chi attira il nostro lato artistico. Ricordiamo però che le celebrità di allora erano creature pressoché irraggiungibili. Robert Redford e i suoi occhiali a specchio ringraziano.

Passo ad un’altra mostra, sempre in Veneto e più precisamente a Venezia. Lo stupefacente Palazzo Franchetti ospita la passione tra Lee Miller e Man Ray. In che senso passione? 140 fotografie di una vita, di un connubio, di una affinità elettrica, appunto. “Modella, fotografa, musa, reporter di guerra, icona del Novecento. L’americana Lee Miller è stata tutto questo e molto di più, in mille vite vissute con passione e libera intraprendenza. La mostra intende rendere giustizia a questa fotografa dalla bellezza travolgente e dal dirompente talento artistico, al suo rapporto d’amore e professionale con Man Ray” si legge sul sito dedicato.

Di Lee Miller sono innamorata da tempo. Andai perfino a Dachau dopo aver letto il bel libro di Serena Dandini “La vasca del Führer” ed. Einaudi.

Forse tutte vorremmo essere audaci come lei, peraltro in una epoca storica non facile per una fotografa. A proposito di aneddoti, a soli venti anni (parlo del 1927) diventa modella. Come? Lee sta attraversando una strada a New York e sta per essere investita da un’automobile. La soccorre un passante che nientepopodimeno è il proprietario di Vogue, ossia mister Condé Montrose Nast. Impressionato dalla sua bellezza l’assume appunto come modella. La vita però della ragazza fa giri immensi: Parigi, Egitto, amanti, matrimoni, passione fotografica, lavoro e amore burrascoso con Man Ray. Scatti di nudi, di seni, di glutei che sono poesia. La mostra è un percorso sulla vita incredibile e rocambolesca di Lee Miller. Oltre agli scatti sensuali mi ha colpito il primo piano di un condom gonfiato a palloncino. Parliamo del 1930 e di una fotografia realizzata da una donna.

Ci si commuove, alla fine, davanti all’ultimo grande pannello che ritrae la Miller da anni sposata Penrose, con Man Ray. E’ il 1975 e dopo un anno lui morirà. Fu un sodalizio d’amore e arte. Rimasero amici fino alla fine. Si esce da Palazzo Franchetti meditabondi e pieni di vita. Eccitazione inclusa.

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