Periodicamente, sui social media in Olanda, spunta un contenuto sponsorizzato di un’agenzia di recruiting internazionale che promuove un lavoro (di call center) nel sud Europa, con focus specifico sulla meravigliosa esperienza in Portogallo e Bulgaria, promettendo paesi straordinari e soprattutto economici. Ma economici rispetto a chi e a cosa? Per chi viene dai Paesi Bassi, dove il salario minimo è il doppio della Bulgaria, ciò vuol dire vivere in un paese economico per loro. Ma per la gente del posto?

Proiettate questo discorso sulla vicenda della famiglia finlandese che si è trasferita a Siracusa. Sicuramente era attratta dal bel sole, dal mare, dall’arte, dalla cultura, ma soprattutto dal fatto che la Sicilia è incredibilmente più economica per un finlandese di quanto non lo sia per un local.

Scommettiamo che se il costo della vita Sicilia fosse stato come quello di Miami probabilmente la famiglia digital nomads, che questa settimana ha tenuto occupata mezza Italia a darsele sui social con “hanno ragione” contro “non ci toccate casa”, ci avrebbe pensato dieci volte prima di trasferirsi? Potere della libertà di circolazione senza aggettivi e del mercato unico europeo che funzionano egregiamente per il residente virtuale (chi ha denaro o lo guadagna dai paesi ricchi), mentre funziona molto male per la stragrande maggioranza dei residenti stanziali. Ma a prescindere dalla fazione che si sceglie, la storia della famigliola felice che fugge dopo appena due mesi dal caos siciliano dovrebbe far riflettere. Ma non per le ragioni per le quali ci stiamo accapigliando.

Non è che in due mesi di vacanza, senza aver nessun tipo di radicamento sul territorio, si può dare un giudizio: quello della famiglia finlandese più nota in Sicilia è niente più che un feedback da TripAdvisor: un commento da consumatore, non un’osservazione da residente.

E non c’entrano proprio l’origine nazionale, il passaporto o la lingua parlata: se un migrante senza documenti che da anni vive e sopravvive a Siracusa si lamenta di qualcosa che non funziona, quella è la parola di un residente, legale o meno che sia. Ma la vita reale, quella che si costruisce in una comunità stanziale, è molto diversa da quella raccontata nei blog degli expat e percepita da chi si innamora di un posto dopo una vacanza e decide di viverci: oggi, se i redditi lo consentono, fare i residenti per caso è abbastanza facile. Esistono siti e agenzie specializzati nella relocation (trasferimento e sistemazione) grazie ai quali si possono acquistare pacchetti completi, anche in zone meno blasonate, di qualunque angolo del globo. Basta volerlo e poterselo permettere. Ma la vita reale no, quella è altra cosa. La vita reale di chi sceglie di vivere all’estero contempla un lungo e difficile lavoro che i soldi non possono comprare. Pena il rinchiudersi nelle carceri dorate degli expat, dove tutti parlano solo inglese e Tampere finisce per assomigliare ad Amman.

Non di soli selfie su Instagram e di hashtag su Sicilia, luogo di cultura e bel mare, si vive, soprattutto perché i locali in larga misura questa realtà non la conoscono proprio. Pensate che bello se la critica al sistema scolastico – che in Italia è parte di un ampio dibattito nazionale sulla situazione difficile dei beni pubblici in Italia – fosse arrivato da stranieri che hanno scelto di vivere in Italia. Se la signora si fosse messa a disposizione e avesse deciso insieme ai suoi nuovi concittadini di cercare di cambiare le cose, magari potremmo prenderla seriamente.

E invece, da bravi digital nomads – turisti di lunga permanenza- lei e famiglia hanno scelto semplicemente di mettere mano al portafoglio e rivolgersi a un nuovo mercato che offra una experience migliore di quella acquistata fino a qualche giorno fa. Al contrario, invece di accapigliarsi su “i finlandesi hanno ragione o i finlandesi hanno torto”, una riflessione sarebbe da fare: come è stato possibile che un progetto rivolto al benessere collettivo, come l’Unione Europea, si sia trasformato in un supermarket di experience e opportunità per i cittadini benestanti del continente? Cittadini benestanti che approfittano della libertà di circolazione unidirezionale di questa Ue: libertà da nord a sud, necessità da sud-est a nord.

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