Cara Elsa,

non lo so se ti chiami così. E’ il primo nome un po’ nordico che mi è venuto in mente, scusa se mi permetto di scriverti. Sì, tu, la mamma finlandese che è scappata indignata dalla scuola italica portando via Sven e Olaf e tutta la tua prole traumatizzata dal nostro sistema scolastico ottocentesco. Intanto hai fatto bene: voglio dire, se pensi che sia la cosa migliore per i tuoi figli, hai fatto bene.

Partiamo dal presupposto che uno di solito, per i suoi figli, cerca di fare sempre il meglio. Poi capire il meglio cosa sia è un po’ difficile. Qua diciamo “come fai sbagli”, ma questa è una cosa tutta italiana, lascia stare. È che ‘ste creature le hai viste un po’ costrette, lì stipate in quelle aule con i banchi dove stavano seduti per sei ore. Poi che siano seduti per sei ore è un po’ una cosa leggendaria, eh. Vedessi i miei alunni come camminano. Sono come certi amori che non finiscono, fanno giri immensi e poi ritornano.

Comunque hai ragione: poverini, rinchiusi in una via di mezzo tra lo Spielberg (no, non è il regista, è un posticino un po’ angusto qua da noi) e il 41 bis (no, non è un numero civico, è un’altra cosa che… lascia stare, Elsa, cose nostre). Fior di studi a raccontarci i benefici dello scorrazzamento all’aria aperta e noi a compattare questi giovani virgulti in celle umide con la sola compagnia dei libri.

Hai scritto che “La Finlandia si rende conto dei benefici di bambini che si muovono, giocano, urlano e corrono liberamente all’aperto per liberarsi delle energie in eccesso e prendere aria fresca, così da ottenere migliori risultati a scuola”. Elsa, lo so, sarebbe bellissimo. Ma tu di mestiere dipingi. Tu l’hai mai fatta assistenza in cortile alle medie? Quando sei responsabile della vita di un numero imprecisato di forme di vita preadolescenziali dalle felpe indistinguibili e intenzionate soltanto a scappellottarsi vicendevolmente? Sei mai stata in un gioioso cortile di ghiaia a invocare tutte le divinità pagane che conosci, perché i Santi erano finiti e comunque li hai tirati giù tutti, sperando che nessuna pietra finisse in collisione con nessuna parte del corpo di un tuo studente perché in quel caso sarebbe colpa tua?

Sì, lo so Elsa, dirai che non ci sono gli spazi, non ci sono stati gli investimenti, e poi qui non abbiamo la cultura del lasciarli liberi, maledette mamme italiche che non siamo altro, mai pronte a far lasciare il nido ai nostri passerotti che intanto sono diventati tacchini. Anche se poi con il lancio del cucchiaio di legno andiamo forte, eh (è una metodologia didattica d’avanguardia il throwing of the wooden spoon), solo che a scuola non ce la lasciano usare.

Hai anche scritto che “in Finlandia i bambini vanno a scuola da soli” e chi abita distante prende lo scuolabus. Siete anche qualcosa come cinque milioni e fischia in tutto lo Stato, eh. Se qui al traffico normale aggiungiamo una colonna di scuolabus sulla Tiburtina, tra i monopattini, i suv e gli apecar carichi di cassette della frutta è un disastro: sono scoppiate guerre civili per molto meno.

Comunque, Elsa, secondo me è un po’ tutta questione di farci l’abitudine. Hai mollato la spugna troppo presto. I tuoi figli non so, certo, ma tu ti sei già integrata benissimo con il sistema scolastico italiano: sei la tipica mamma che, dopo soli due mesi di scuola dei figli, ha già capito tutto quello che non va e messo per iscritto come andrebbe fatto. Hai provato a entrare nella chat dei genitori? Perché hai tutte le carte in regola per diventare rappresentante di classe. Elsa, sei italiana e non lo sai, fìdati.

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