Traggo qualche presagio e auspicio sulla scuola del 2023 da concetti espressi dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara a voce (V), nella circolare inviata alle famiglie degli allievi delle medie (C) e nel libro scritto con Amadori (L).

Ridare autorevolezza ai docenti” (L), “responsabilizzare le famiglie che, nel caso di problematicità comportamentali dei minori, devono essere stabilmente coinvolte […] ed eventualmente rispondere del comportamento violento dei propri figli” (L): sono totalmente d’accordo. Un punto essenziale nell’educazione dei giovani (troppo a lungo negletto dalla sinistra) è chiarire ciò che è civile e ciò che non lo è. Ma l’intento educativo dev’essere prevalente sull’aspetto di semplice repressione e qualche dubbio sulla visione di Valditara ce l’ho.

Apprezzo che il ministro abbia riconosciuto il proprio errore nel valorizzare l’umiliazione (V). Tuttavia l’insistenza sul merito, confermata dal nuovo nome del ministero e dalla modifica a 18app, mi fa temere che la sua visione della scuola sia impostata sull’eterno schema di punizione e premio. Che Valditara veda la bocciatura come un castigo invece che un recupero (convinzione, peraltro, di molta sinistra) emerge dall’esempio del suo “amico che, spesso bocciato in italiano e matematica, aveva un talento particolare per realizzare oggetti” (V).

Cos’avrebbe dovuto fare la scuola? Lasciarlo senza capacità di esprimersi, capire un testo, far di conto? Come si accorda questo con il proposito “far sì che nessuno studente rimanga indietro” (L)? Secondo me non resta indietro chi ripete un anno, ma chi, “graziato”, ha perso per sempre le conoscenze proposte in quell’anno. Sulle bocciature il libro è molto ambiguo.

L’orientamento è cruciale per ridurre il tasso di dispersione scolastica” (V), “valorizzare i talenti di ogni allievo” (L), “ascoltare con pazienza, intelligenza e profondità i ragazzi per scoprire i loro talenti; aiutarli a decidere non sulla base di semplici emozioni, del sentito dire di amici e adulti, bensì sulla base di conoscenze concrete raffrontate con la matura consapevolezza delle proprie abilità e potenzialità” (C): come si potrebbe dissentire? Condivido anche la necessità di sfatare il mito della superiorità dei licei e perfino quello della laurea. Dobbiamo però prevenire la chiusura di orizzonti per chi nasce in famiglie socialmente e culturalmente svantaggiate. “L’attuale scuola è classista” (V) denuncia il ministro; speriamo che la sua toppa non sia peggiore del buco.

Auguro […] di fare le scelte più conformi ai loro sogni, ai loro talenti e ai loro progetti di vita” (C): è un bellissimo augurio, ma poi la circolare prosegue con pagine di statistiche sulle prospettive occupazionali. Personalmente ho sempre sostenuto che le scelte debbano essere basate su una forte motivazione interna, pur nella consapevolezza delle diverse prospettive di lavoro. “Occorrerà promuovere l’accesso alle discipline Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) così da garantire più adeguati e richiesti sbocchi” (V): ah, eccoci al dunque. Allora i sogni e i talenti dove finiscono? Ho avuto centinaia di studenti che avevano operato la scelta di Ingegneria senza una vera motivazione culturale, per poi scoprirsi in un vicolo cieco e abbandonare dopo anni di fatica.

Ma è proprio sulle Stem che rabbrividisco: “La vera sfida che noi vogliamo lanciare come ministero e come governo per riformare l’insegnamento delle Stem, che ci vede purtroppo oggi molto indietro rispetto ad altri paesi europei, è proprio quella di partire dalla realtà per arrivare alle astrazioni” (V). Ridurre lo svantaggio italiano all’eccessiva astrazione, invece che a complessi fattori socio-culturali, mi pare almeno superficiale. Spesso i miei colleghi ingegneri lamentano proprio la decrescente capacità di astrazione degli allievi.

Per quanto riguarda la matematica, ad esempio, le capacità di calcolo simbolico, che i pc di nuova generazione stanno sempre più sviluppando, renderanno inutile insistere così tanto sulla risoluzione di espressioni alfanumeriche” (L); questa invece è una grandissima stupidaggine: io stesso uso e promuovo i programmi di calcolo simbolico avvertendo però che possono essere disastrosi se non si ha piena padronanza di ciò che fanno. Qual è il succo, ministro? Rendere le Stem semplificate, meno astratte per convogliarvi ragazzi meno capaci di ragionare? Purtroppo già ora molti studenti (di Ingegneria!) sbagliano facili calcoli letterali.

Per carità, illuminare i concetti con costanti riferimenti concreti è essenziale (e lo dico da matematico applicato), ma non creda Valditara che ciò non venga fatto. Vorrei che vedesse la voglia di sperimentare, innovare e comunicare che permea convegni come, per esempio, Incontri con la matematica. Posso solo ripetere l’invito del bell’articolo di Di Martino e Natalini a confrontarsi con chi la didattica della matematica la studia per professione.

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