L’apertura del governo britannico a tornare al tavolo della trattativa con i sindacati si è conclusa ieri in un “nulla di fatto” e la prospettiva della possibile concessione di una una tantum economica ai lavoratori, mentre a Westminster oggi si prepara il disegno di legge soprannominato anti sciopero per assicurare almeno i servizi essenziali. Oggi incrociano le braccia gli insegnanti in Scozia, a cui potrebbero aggiungersi i colleghi inglesi e del Galles. Dalla prossima settimana sono previste nuovi stop di infermieri e personale delle ambulanze che stanno portando avanti un’ aggressiva e instancabile campagna di rivendicazione per l’adeguamento dei salari all’inflazione. Il caos nei servizi essenziali come sanità, istruzione, poste e trasporti è l’emblema di un paese duramente messo in crisi da una serie di eventi avversi come la Brexit e il cambio di 3 capi del governo nel giro di un anno che si sommano a fattori internazionali come l’incerta congiunture economica. Il 2022 è stato un anno di declino economico, deriva politica e instabilità sociale.

In dicembre l’inflazione sui soli prodotti alimentari ha toccato il 13,3% (dal 12,4% di novembre) il dato più alto mai registrato dal British Retail Consortium che per di più si attende ulteriori aumenti dei costi dei prodotti sugli scaffali dei supermercati anche per il 2023. Secondo un sondaggio condotto dal quotidiano Financial Times il Regno Unito nei prossimi anni si dovrà preparare alla peggiore recessione e alla ripresa più debole tra i paesi del G7, e saranno proprie le famiglie a pagare il prezzo più alto per il fallimento delle politiche del governo nel contrastare lo shock inflattivo innescato dal conflitto ucraino, dicono gli economisti consultati dal quotidiano.

Se il Regno Unito condivide le sorti europee quanto a conseguenze dell’attacco di Putin e aumento dei prezzi sui prodotti energetici, nel 2022 l’Isola si è risvegliata dalla pandemia riaprendo gli occhi sulle deflagrazioni della Brexit, tra gli ingorghi commerciali a Dover e le code di mezzi sulle arterie di collegamento del porto con il resto del paese. Situazioni che hanno creato disagi ai britannici anche nel periodo delle vacanze estive e già agli inizi di quest’anno, tanto da costringere il ministero dei Trasporti ad istituire una task force di emergenza con ex militari pronti ad intervenire per distribuire viveri di emergenza sulle strade bloccate.

A sei anni dal referendum la Brexit resta tema controverso e divisivo tanto che i britannici ormai riescono a chiamarla solo ‘B word’. Una ricerca della London School of economics stima che Brexit abbia rincarato la spesa dei britannici di 210 sterline poiché le nuove regole sul trasporto transfrontaliero ha spinto il prezzo del cibo con un aumento del 6%. “I nuovi ordinativi sono diminuiti alla maggior velocità in oltre dieci anni perché i clienti oltremanica sono stati scoraggiati dalle burocrazie doganali che fanno aumentare i prezzi e ritardare le consegne” ha detto al quotidiano Guardian John Glen, capo economista al Chartered Institute of Procurement and Supply, mentre dall’associazione degli industriali britannici arrivano le fosche previsioni di una contrazione dell’economia britannica dello 0,4% nel 2023.

Stando ai sondaggi oltre la metà dei britannici ritiene che la Brexit abbia peggiorato la qualità di vita in un momento in cui caro energia e crisi del carovita hanno alzato la soglia di povertà al 22% della popolazione, 14,5 milioni di persone tra cui 4,3 milioni di bambini e oltre due milioni di pensionati. La produttività è ostacolata anche dalla mancanza di forza lavoro e professionalità europee finite nella mannaia sull’immigrazione del governo conservatore. Infermieri ed insegnanti sono stanchi e demotivati e lasciano il posto di lavoro.

Gli ultimi dodici anni a Downing street sono stati lunghi e tesi per i conservatori che si sono trovati a gestire la crisi post pandemia, gli scandali del governo Johnson seguiti dallo shock della manovra Truss che ha stravolto i mercati ed infine la Brexit con il nodo del protocollo sull’Irlanda del nord ancora da rinegoziare con Bruxelles. Tre primi ministri e quattro ministri delle finanze in un annus horribilis dove oltre alla crisi politica e alla recessione i britannici hanno pianto la perdita della loro bussola morale: la regina Elisabetta II. Il ricambio epocale ai vertici della monarchia con l’incoronazione del re Carlo III è già macchiato dalle dichiarazioni di Meghan e Harry, il cui libro esce oggi.

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