Alla Banca d’Inghilterra l’atmosfera è greve, le parole dosate ma penetranti: “Abbiamo alzato i tassi di interesse dello 0,75 al 3%, l’ottavo incremento da dicembre, sono grossi cambiamenti che avranno un forte impatto sulla vita delle persone”, annuncia il governatore della banca centrale, Andrew Bailey guardando la platea. “Perché lo facciamo? E perché ora quando così tante persone stanno faticando con il rincaro del prezzo del cibo, dell’energia e altre bollette? Perché l’ inflazione è troppo alta ed è il nostro lavoro abbassarla”, si risponde Bailey iniziando cosi una conferenza stampa da cui i britannici hanno appreso che la loro economia è in recessione e lo resterà fino alla metà del 2024, il periodo più lungo dalla prima Guerra Mondiale.

Nubi più nere del solito si addensano sui cieli della City, mentre i tassi di interesse fanno un balzo come non si vedeva da oltre 30 anni, aumentati per l’ottava volta da dicembre per cercare di domare un’inflazione che ha ormai superato il 10% e che, secondo le previsioni, quest’inverno salirà fino all’11%. I rallentamenti delle catene di fornitura e gli aumenti dei prezzi, amplificati dalla guerra in Ucraina, sono mali condivisi in Europa, ma a tingere gli scenari britannici di tinte ancora più fosche sono state l’ecatombe fiscale e i 45 giorni di governo Truss, risultato delle faide interne al partito conservatore. Soprattutto la divergenza tra politiche del governo e orientamenti della banca centrale era stata alla base del crollo di sterlina e di titoli di Stato britannici, circostanza che ha costretto la Bank of England a interventi di emergenza in contrasto con le politiche monetarie perseguite sino a quel momento.

“La fiducia si perde in fretta, ma ci vuole molto per riconquistarla, la posizione del Regno Unito è stata danneggiata e ora dobbiamo dimostrare che le nostre politiche fiscali e monetarie sono di nuovo in azione” ha detto Bailey, inviando un messaggio non troppo velato al nuovo governo di Rishi Sunak e al cancelliere Jeremy Hunt che il 17 novembre dovrà presentare la sua nuova finanziaria, attesa come un pugno nello stomaco per i possibili aumenti delle tasse e i tagli alla spesa pubblica che potrebbero essere introdotti per riconquistare i mercati. La sfida per l’economia britannica è riuscire a rimettersi in moto, dopo la pandemia, la guerra in Ucraina e, terza componente specifica per l’isola, la contrazione del mercato del lavoro, come sottolineato dalla Banca d’Inghilterra.

La disoccupazione è inferiore ai livelli pre-Covid ma sul dato pesa l’aumento di oltre il 21% dei soggetti inoccupati, compresi i tanti che hanno smesso di cercare lavoro perché ancora sofferenti dei postumi del Covid. Salari che non sono adeguati all’inflazione stanno costringendo alcune categorie, come insegnati ed infermieri, ad abbandonare la professione mentre la produttività per le industrie britanniche è ostacolata dalla carenza di personale qualificato. Un sondaggio della Cbi, la Confindustria britannica, ha rilevato che 3/4 delle imprese associate è a corto di manodopera ed il 46% di queste non riesce quindi a mantenere i target di produttività. Declino di competitività e onerose burocrazie dopo il divorzio dalla Ue stanno ostacolando l’ingresso di lavoratori stranieri, suggerendo che forse anche la Brexit e’ una delle manovre che i conservatori pagheranno cara.

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