di Luigi Manfra*

Secondo i dati pubblicati da Eurostat, nel 2021 è stata la Germania a ricevere il maggior numero di richieste di asilo, con 190.545 richiedenti nel corso dell’anno. Al secondo posto si classifica la Francia, con 120.685 e poi la Spagna, con 65.295. L’Italia si trova al quarto posto, con 53.610 richiedenti asilo. Se, invece si guarda al dato per ogni 1.000 abitanti, in prima posizione si colloca la Svezia, con 24 unità, seguita da Malta con 17, Austria con 13 e Germania con 12. L’Italia con 3 richieste di asilo per mille abitanti si colloca a grande distanza dagli altri paesi. I dati del primo semestre 2022 confermano più o meno quelli dell’anno precedente.

Per quanto riguarda le rotte percorse dai migranti nella prima metà del 2022, la rotta mediterranea verso l’Italia appare al secondo posto dopo quella balcanica. Affermare, dunque, che l’Italia è invasa dai migranti è quantomeno eccessivo se il confronto è fatto con i principali paesi europei. L’Italia, storicamente, è stato un paese di forte emigrazione anche se, negli ultimi decenni come tutti i paesi avanzati del mondo, si è trasformato in un paese di immigrazione.

L’immagine di un paese con troppi migranti è ciò che i media ci propongono ogni giorno, ma, se si guarda ai numeri, la realtà appare diversa. Infatti a fronte di 5,2 milioni di immigrati in regola e circa 500.000 irregolari, gli italiani all’estero sono 5,8 milioni sulla base degli iscritti all’Aire, anagrafe Italiani residenti all’estero, a cui vanno aggiunte alcune centinaia di migliaia di non iscritti. Nel dibattito politico italiano si è sentito parlare spesso di presunte ondate di migranti che premono sulle frontiere del nostro Paese. Il nuovo governo, mentre è contro l’immigrazione, ignora l’emigrazione di cittadini italiani, in particolare nei paesi europei, che vanno all’estero soprattutto a causa delle retribuzioni insufficienti. Ad andarsene sono spesso i giovani, alla ricerca di una migliore qualità della vita e di migliori proposte lavorative. Scappano in particolare dal Mezzogiorno, dove trovare lavoro è ancor più difficile rispetto al resto d’Italia. Nel 2021 i giovani tra i 18 e i 34 anni sono stati il 41,6% degli espatriati, mentre il 23,9% sono quelli tra i 35 e i 49 anni.

Secondo recenti indagini, svolte anche a livello europeo, gli italiani credono che gli stranieri costituiscano il 31% della popolazione residente, di cui il 22% musulmani. I dati statistici elaborati dal Ministero degli Interni sostengono, invece, che fra i 5,2 milioni di immigrati, pari a circa il 9% della popolazione italiana, i musulmani sono appena 1,5 milioni. Al 2 novembre di quest’anno sono sbarcati in Italia 85.991 migranti, quasi tutti con imbarcazioni di fortuna o salvati in mare aperto dalle navi militari italiane. Attaccare le Ong, che hanno trasportato in Italia poco meno di 15.000 persone pari al 16% del totale come ha fatto di recente il governo italiano, è davvero risibile e pretestuoso.

Il problema degli sbarchi dei migranti, che continuano ad aumentare, non si risolve polemizzando con l’Europa. La posizione geografica dell’Italia ne fa, inevitabilmente, un luogo d’approdo naturale nel Mediterraneo ed è ovvio che la gestione e la prima accoglienza degli arrivi sia un compito ineludibile dell’Italia. La collocazione di una parte dei migranti in Europa va trovata con una soluzione necessariamente concordata con gli altri paesi, i quali, purtroppo, sono riluttanti a prendere impegni concreti a questo riguardo.

Se si allarga l’orizzonte e si va oltre il breve periodo, sulla base dei dati dell’Istat, l’Italia fra il 2020 e il 2070 scenderà da 59,6 milioni di abitanti a 47,6 milioni perdendo 8 milioni di lavoratori fra i 20 e i 64 anni. Ma già nel 2030 ne mancheranno due milioni. Per alcuni settori dell’economia italiana, il contributo dei lavoratori immigrati è fondamentale e lo diventerà sempre più. Sulla base dei dati della Fondazione Moressa, gli occupati stranieri nell’agricoltura sono il 18% del totale seguita dalla ristorazione con il 16,9% e dall’edilizia con il 16,3%.

Il futuro di questi settori, a causa della denatalità e della mancanza di una seria politica immigratoria, diventerà negli anni futuri sempre più problematico, con effetti negativi sulla crescita economica e sul benessere dei cittadini. Il grave problema della bassa natalità, che riguarda l’intera Europa, ma che vede l’Italia al primo posto, va affrontato con più strumenti. Innanzitutto con politiche di sostegno alle famiglie per combattere la denatalità. L’Italia, purtroppo, è il paese che spende di meno in questo settore. Un altro tema è il mercato del lavoro femminile: il tasso di occupazione femminile al 2021 era del 49,4% contro il 63,4% di quello medio europeo. L’Italia, finora, non è stata in grado di promuovere leggi efficaci in materia. Infine una diversa politica immigratoria, che consenta un incremento significativo della presenza degli immigrati nei settori produttivi che più ne hanno bisogno. Senza misure di questo tipo, il declino economico e sociale dell’Italia sarà inevitabile.

*Già docente di Politica economica presso l’Università Sapienza di Roma, si occupa di economia internazionale, soprattutto in relazione al Mediterraneo

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