L’ex deputato e sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri è stato sanzionato con due anni di perdita di anzianità dalla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. Il procedimento è quello aperto appena lo scorso settembre con l’accusa di aver tenuto un “comportamento gravemente scorretto” accompagnando nella residenza romana di Silvio Berlusconi il giudice Amedeo Franco, il consigliere di Cassazione – scomparso nel 2019 – che fu relatore del processo che portò alla condanna definitiva dell’ex premier a quattro anni per frode fiscale. Le visite furono almeno tre, fra la fine del 2013 e l’inizio del 2014. In quelle occasioni – come emerse nel 2020 da alcune registrazioni audio pubblicate dalla stampa di destra – Franco disse a Berlusconi di considerare la sua condanna “una grave ingiustizia e di aver avuto l’impressione che la vicenda fosse stata “guidata dall’alto“, affermando che “la sentenza faceva schifo”, di essere andato da lui per “sgravarsi la coscienza” e suggerendo “una malafede del presidente del collegio” che pronunciò la condanna, definito “un plotone di esecuzione“. Quel dissenso però non fu mai formalizzato da Franco, anche se ne avrebbe avuto la possibilità: anzi, di fronte alla sezione disciplinare Csm affermò in seguito di non essersi sentito né condizionato né influenzato nella decisione.

In quei mesi Ferri – magistrato in aspettativa, storico dominus della corrente di Magistratura indipendente – era sottosegretario alla Giustizia nel governo Letta in quota Forza Italia. Una carica che avrebbe conservato, traslocando nelle file del Pd, anche nei governi Renzi e Gentiloni. Quando, dopo la pubblicazione degli audio, il Fatto svelò che era stato lui ad aver combinato gli incontri Franco-Berlusconi, si giustificò dicendo di non aver raccontato nulla per sette anni perché non aveva alcun obbligo giuridico di farlo. La Procura generale della Cassazione, titolare dell’azione disciplinare, ha però portato il suo caso di fronte al Csm. Venerdì 11 novembre si è tenuta l’ultima udienza, in cui è intervenuto lo stesso Ferri: “Non ho screditato nessuno, non c’é una frase fuori posto che io abbia detto. Il mio ruolo era quello di sottosegretario, svolgevo le mie funzioni politiche e non di magistrato”, ha detto. Il sostituto pg della Cassazione Giovanni Di Leo ha invece ricordato che “la condizione di fuori ruolo non incide sul dovere di rispetto e correttezza nei confronti dei colleghi e che “non esistono dubbi sul fatto che Ferri sapesse cosa Franco volesse andare a dire a Berlusconi”, chiedendo di sanzionarlo con sei mesi di sospensione dalle funzioni e dallo stipendio. Il collegio disciplinare invece ha optato per la sanzione più lieve della perdita di due anni di anzianità.

Quello per il “caso Franco” non è l’unico processo disciplinare a carico di Ferri. L’altro riguarda i “fatti dell’hotel Champagne“, l’albergo romano in cui a maggio del 2019 il giudice-politico discuteva insieme a Luca Palamara, al deputato Luca Lotti e a cinque membri del Csm delle nomine al vertice delle Procure, inclusa quella di Roma che indagava sullo stesso Lotti. Quel procedimento è però sospeso in attesa che la Corte costituzionale risolva il conflitto di attribuzione tra il Csm e la Camera dei deputati sull’utilizzabilità delle intercettazioni del trojan nei confronti di Ferri. Lui nel frattempo ha subito la delusione di non essere rieletto alla Camera, dove si era candidato con il suo nuovo partito, Italia viva. Ma nei giorni scorsi ha chiesto e ottenuto dal plenum di palazzo dei Marescialli un’ulteriore aspettativa per svolgere il suo mandato di consigliere comunale a Carrara, la sua città di cui si era candidato sindaco alle amministrative del giugno scorso.

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