La legislazione italiana è troppo debole sul tema delle delocalizzazioni. Sembra che la politica se ne sia accorta con la vertenza sull’azienda finlandese Wartsila. Dopo la manifestazione di sabato 3 settembre a Trieste, che ha visto 15mila persone scendere in piazza in segno di vicinanza ai 450 lavoratori dell’azienda – più circa altrettanti occupati dall’indotto – la Regione Friuli Venezia Giulia si è rivolta al giudice del Lavoro del Tribunale di Trieste presentando un ricorso che contesta la comunicazione della procedura di licenziamento. Non solo: per la prima volta in Italia pone “in dubbio la costituzionalità della norma in materia di procedure di delocalizzazione”, come ha spiegato l’assessora regionale al Lavoro, Alessia Rosolen, invocando l’intervento della Corte costituzionale.

La legge ora in vigore, inserita nella legge di bilancio 2022 e criticata fin dalla sua genesi da alcune organizzazioni dei lavoratori – su tutte dal Collettivo di fabbrica della ex Gkn di Campi Bisenzio -, non ha la capacità di trattenere le aziende sul territorio nazionale, neanche nel caso si tratti di una società in salute e in utile come Wartsila. Le attuali norme prevedono, secondo l’amministrazione regionale, sanzioni troppo leggere per chi intende delocalizzare. Inoltre di fatto per l’azienda è sufficiente comunicare per iscritto con almeno 90 giorni di anticipo l’avvio della procedura a sindacati, Regioni, Anpal e ministero, spiegando le ragioni economiche, finanziarie, tecniche e organizzative alla base della decisioni, per potersene andare senza rischiare contestazioni. In questo modo, dal punto di vista della giunta triestina, non difende a sufficienza il diritto al lavoro previsto dalla legge fondamentale dello Stato.

Come già anticipato durante la sua partecipazione al corteo di sabato Massimiliano Fedriga, presidente leghista del Friuli-Venezia Giulia, ha depositato il ricorso contro la norma firmata anche dal ministro dello Sviluppo leghista Giancarlo Giorgetti affidandolo a un esperto della materia, Adalberto Perulli, ordinario di Diritto del lavoro all’Università Cà Foscari di Venezia. Sarà ora il giudice a valutare i due punti del ricorso che acquisisce importanza non solo per la vertenza Wartsila, ma per “tutti i processi di delocalizzazione che dovessero essere messi in atto da qui in avanti in Italia”, ha spiegato Rosolen. Questo mentre si attende il tavolo del 7 settembre al ministero dello Sviluppo Economico,

Anche il Pd si è attivato a sostegno dei lavoratori: il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha dato seguito a quanto detto durante la manifestazione di sabato, depositando tramite il senatore Antonio Misiani un emendamento al Dl Aiuti bis in materia di delocalizzazioni. Con l’obiettivo di frenare o almeno rallentare la chiusura dell’impianto produttivo. Tutti concordi quindi sul fatto che la legge debba essere cambiata. Orlando, protagonista a fine 2021 dell’accordo Giorgetti da cui è nata la norma che ora vuole cambiare, nei giorni scorsi si è giustificato dicendo che “la versione che fu recepita nella legge di bilancio è frutto di una mediazione tra maggioranza e ministeri” e la versione originale, più restrittiva, fu “fortemente aggredita da Confindustria e dalla destra“.

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