Ravil Maganov, presidente di Lukoil, è morto dopo essere caduto dalla finestra di un ospedale di Mosca, il Central Clinical Hospital. Ne ha dato notizia l’agenzia russa Interfax. Secondo la Tass, le forze dell’ordine hanno riferito che si è trattato di un suicidio. “Era stato ricoverato in ospedale per un infarto. Inoltre, aveva assunto antidepressivi”, afferma la fonte citata dall’agenzia. Il gruppo petrolifero, il secondo più grande della Russia, afferma che la morte è avvenuta “dopo una grave malattia“.

Maganov, 67 anni, lavorava per Lukoil dal 1993, poco dopo la nascita: “Ha dato un contributo inestimabile non solo allo sviluppo della società, ma all’intera industria petrolifera e del gas russa”, si legge nel comunicato dell’azienda. Il gruppo era stato uno dei pochi a schierarsi contro la guerra in Ucraina: all’inizio di marzo il cda aveva diffuso una nota in cui affermava di “sostenere una rapida fine del conflitto armato e la sua risoluzione attraverso un processo di negoziazione e mezzi diplomatici”, esprimendo preoccupazione per “gli attuali tragici eventi in Ucraina”.

Quella di Maganov è solo l’ultima di una serie di “morti misteriose” legate al settore energetico. A maggio la polizia russa ha aperto un fascicolo sul caso della morte di un altro ex manager Lukoil, Alexander Subbotin, ufficialmente morto durante un trattamento da uno sciamano con veleno di rospo per riprendersi dai postumi di una sbornia. Nei mesi scorsi altri top manager ed ex manager di aziende russe erano stati trovati morti: tra questi Vladislav Avayev, 51enne ex consigliere del Cremlino ed ex vicepresidente della Gazprombank, trovato senza vita nel suo appartamento al 14mo piano di un lussuoso condominio di Mosca. Aveva la pistola in mano ed era accanto ai corpi senza vita della moglie incinta e della figlia di 13 anni.

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