Sono passati meno di due anni dall’insediamento della giunta di Francesco Acquaroli nella Regione Marche, presa a modello da Giorgia Meloni, che proprio da Ancona ha deciso di far partire la propria campagna elettorale, eppure già quattro assessori, su sei, sono pronti a lasciare Palazzo Raffaello per sedersi nelle (forse più comode) poltrone del Parlamento. C’è chi proveniva già da Roma e ora punta a tornarci, chi aveva preso in mano l’affaire terremoto, diventando uno dei volti politici della ricostruzione, c’è chi, da sempre impegnato nella politica locale tenta il “salto”, e c’è pure il vicepresidente regionale che promette di diventare una sorta di “ambasciatore delle Marche” a Roma. Una scelta che, attacca il Pd, rischia di “far pagare alla comunità marchigiana l’ambizione personale di pochi”, e che costringerà Acquaroli a un “rimpasto” non facile.

CHI SONO I CANDIDATI – Salvo sorprese dell’ultimo minuto nel segreto dell’urna, dei quattro assessori marchigiani candidati alle politiche del 25 settembre, tre sono sono quasi certi di essere eletti.

Tra questi c’è Giorgia Latini, della Lega. L’assessora all’Istruzione e alla Cultura è candidata per la Camera dei deputati all’uninominale di Macerata, un collegio quasi certo per il centrodestra. E pensare che, nel 2020, proprio lei aveva lasciato il posto da deputata a Montecitorio per approdare in Regione. Unica quota rosa della giunta Acquaroli e convintamente contraria all’aborto, da lei è partita, nel 2020, la volontà di “verificare la compatibilità” delle linee guida del ministero della Salute per la somministrazione della pillola abortiva Ru486 con la Legge194. Da qui la decisione del centrodestra regionale di non garantire l’aborto farmacologico nei consultori che, secondo Latini, dovrebbero essere “luoghi di assistenza e approfondimento” non di “esecuzione dell’interruzione di gravidanza”, che ha reso di fatto più difficile abortire nelle Marche rispetto ad altre regioni in cui le linee guida del ministero della Salute sulla somministrazione della pillola Ru486 sono state invece recepite. E, sempre da Latini, nel corso della pandemia da Covid19 sono arrivate anche parole che hanno strizzato l’occhio ai no-vax, come quando, dalle pagine del Corriere Adriatico, ha fatto sapere di non essere d’accordo “sulla vaccinazione dei bambini perché è un vaccino sperimentale e non sappiamo gli effetti collaterali” e che, secondo lei, l’organismo “non va intossicato quando è sano se non è nella fascia d’età a rischio”.

E un posto praticamente assicurato in Parlamento, questa volta negli scranni di Palazzo Madama, ce l’ha anche Guido Castelli, assessore al Bilancio e alla Ricostruzione in quota Fratelli d’Italia. L’ex sindaco di Ascoli Piceno, città che ha guidato per 10 anni prima di sostenere la candidatura dell’attuale primo cittadino Marco Fioravanti al centro di alcune polemiche anche per aver partecipato a una cena di commemorazione della marcia su Roma nel 2019, è candidato nel proporzionale del Senato come primo nome della lista. Un’elezione praticamente certa, considerando anche che alle regionali del 2020 Castelli è stato il più votato, che lascerebbe scoperto un ruolo delicatissimo legato alla tanto difficile ricostruzione dopo il sisma del 2016. Ex militante del Movimento sociale italiano, Castelli è già finito nel mirino dei social dove, recentemente, è apparsa una vecchia foto che lo ritrae, 15enne, mentre fa il saluto romano davanti alla cripta Mussolini. “Ero un ragazzino – ha commentato l’assessore con l’Ansa – A quell’età si fanno cose che quando si matura non si rifarebbero. Non esiste negli ultimi 30 anni di attività politica nulla da potermi rimproverare su quel piano. Del resto da sindaco di Ascoli Piceno – ha sottolineato – ho celebrato il 25 aprile per dieci anni in una città Medaglia d’oro per la resistenza senza alcun problema”. Anche lui d’accordo con la non applicazione delle linee guida ministeriali sulla pillola Ru486, nel gennaio 2021, intervistato da ProVita&Famiglia, spiegava così la scelta regionale: “Non voglio fare indebite commistioni ma la Giornata della Memoria, che celebriamo oggi mi riporta alla mente ciò che diceva Pierfranco Ventura, mio docente di filosofia del diritto: nell’aborto si intravede qualcosa che ricorda Auschwitz, ovvero il debole che viene soppresso, senza possibilità di difendersi. Da qualunque prospettiva si valuti la questione, c’è un debole che viene soppresso – diceva – Un sistema amministrativo regionale che ha cura di tutelare la salute e l’organizzazione del sistema, ha quindi l’obbligo di dare il massimo sostegno a tutte quelle donne che vengono sfiorate dall’idea di fare ricorso a una delle più drammatiche e raggelanti condizioni in cui una donna può venire a trovarsi”.

Meno certa, ma comunque molto probabile, è anche la scalata di Mirco Carloni, vicepresidente della giunta Acquaroli in quota Lega con deleghe allo Sviluppo economico e all’Agricoltura. Candidato per la Camera all’uninominale di Pesaro, Carloni avrebbe dovuto battersi contro la candidata dem Alessia Morani che però, dopo aver inizialmente rifiutato la candidatura, è stata “sostituita” da Giordano Masini, di +Europa. In politica fin dai 18 anni, Carloni ha prima fatto politica a Fano, dove è stato consigliere comunale e vicesindaco, poi si è fatto strada in Consiglio regionale, dove è stato anche Presidente della Commissione d’indagine su Banca Marche, quindi è approdato in giunta. Posto che però, ora, spera di lasciare dopo appena due anni per dirigersi verso Roma dove, dice al Corriere Adriatico, spera di diventare una sorta di “ambasciatore” delle Marche.

Anche l’assessore all’Ambiente, Stefano Aguzzi di Forza Italia, risulta candidato. Le sue probabilità di essere eletto, però, sono praticamente nulle: è infatti secondo nel listino di Forza Italia alla Camera, dietro Valentina Vezzali, e difficilmente riuscirà ad entrare. L’obiettivo comunque, non sembrava essere quello: ha sempre detto di voler rimanere nelle Marche e, di fatto, di aver solo “riempito” la casella.

L’ATTACCO DI MANGIALARDI – Di sei assessori, quindi, quattro risultano candidati e tre con altissime probabilità di essere eletti. La scelta ha servito un assist al Pd regionale che, tramite le pagine di Vivere Marche, ha rivolto un duro attacco agli avversari politici. “A meno di due anni dall’elezione in Consiglio regionale e dall’insediamento in Giunta gli assessori Carloni, Castelli, Latini e Aguzzi pensano bene di lasciare i loro impegni e le importanti deleghe loro affidate dal presidente Acquaroli per il treno delle elezioni politiche – ha detto il capogruppo regionale del Pd, Maurizio Mangialardi, candidato nel 2020 contro Acquaroli come presidente di Regione – Il dubbio nasce quasi spontaneo: le criticabili misure adottate in questi anni dalla Giunta di centro destra sono state prese per il bene della comunità marchigiana o, al contrario, per favorire una campagna elettorale permanente e basata sulla propaganda da parte dei neo candidati alla Camera e al Senato? Una cosa è certa: questa mancanza di serietà da parte della destra mina seriamente la credibilità del presidente Acquaroli e della sua Giunta”. Secondo Mangialardi, la Giunta è “impegnata in una campagna elettorale perpetua”, sia oggi, con le candidature, che poi, dopo il 25 settembre, “con coloro che li sostituiranno”.

Anche la candidatura di altri due nomi, la consigliera regionale di Fratelli d’Italia, Elena Leonardi, e la consigliera regionale di Forza Italia, Jessica Marcozzi, non va giù al Pd che ha sottolineato: “I cittadini ci hanno affidato specifici impegni attraverso il loro voto due anni fa, dobbiamo portarli avanti fino in fondo altrimenti rischiamo, per l’ennesima volta, di far pagare alla comunità marchigiana l’ambizione personale di pochi”.

I POSSIBILI SOSTITUTI – Per Acquaroli si apre quindi ora un periodo di transizione. Spetta a lui trovare i sostituti per gli assessori che quasi certamente lasceranno la giunta. La scelta non è facile: in primis va rimpiazzata la “quota rosa”. Per il posto di Giorgia Latini sono diversi i nomi in ballo, dalle leghiste Monica Acciarri, Daniela Tisi e Chiara Biondi, al capogruppo regionale di Fratelli d’Italia, Carlo Ciccioli che, come riporta anche il Corriere Adriatico, ha interrotto la sua corsa per le politiche (era uno dei papabili marchigiani) per rimanere in Regione.

Proprio lui in questi due anni di Giunta è stato protagonista di alcune uscite diventate titoli di cronaca, come quando, definendo la battaglia per il diritto all’aborto, una “battaglia retrograda” ha parlato del rischio di “sostituzione etnica” se “non facciamo figli”. O come quando, sempre per rimanere in tema di diritti, in consiglio regionale disse: “I genitori di una famiglia naturale hanno compiti espliciti: il padre deve dare le regole, la madre accudire“.

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