Carlo Calenda è un equivoco politico. Un uomo moderato di destra scambiato per un riformatore di sinistra. Un solipsista con evidenze estreme di un carattere difficile, sicuramente esuberante dentro un evidente disordine politico, trasformato nientemeno che in un federatore dell’anima liberal con quella progressista. La colpa più grave di Enrico Letta è di aver accreditato la bugia proponendola come verità, forse in ragione di dare una logica a una linea politica aggiornata dagli esiti della vicenda Draghi.

Stesso colpevole abbaglio per mano dei grandi media. Perso per strada Matteo Renzi avevano bisogno di un altro volto per contrastare quel che pareva il nemico assoluto: l’alleanza del Pd con i Cinquestelle. Hanno puntato le fiches su Calenda, facendolo lievitare oltre misura verso successi strepitosi ma falsi. Quando ancora arrancava intorno al tre per cento (oggi poco oltre il quattro) si è detto che tranquillamente poteva conquistare il sei, poi il dieci. Oggi ho letto, senza più stupirmi, che si dava conto di una speranza, affidata per pudore allo stesso Calenda: da solo per conquistare il 15 per cento.

Se è vero che l’informazione fa rima con manipolazione, è certo che questa vicenda ci costringe a misurare la distanza che separa l’apparenza dalla realtà, i nostri desideri da quelli del resto del mondo. E Calenda, appunto, resta un equivoco politico, un falso d’autore.

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