Dopo l’Istat anche l’Inps fotografa la desolante condizione delle retribuzioni italiane. Dai dati del Rapporto annuale presentato oggi dall’Istituto di previdenze emerge come il 23% dei lavoratori italiani guadagnino meno di quanto sarebbe loro assicurato dal Reddito di cittadinanza (780 euro al mese). La quota include lavoratori assunti con contratti part time. Si tratta nel complesso di circa 5 milioni di persone. Più in generale la retribuzione media lorda pro capite nel 2021 risulta pari a 24.097 euro, compresi i contributi a carico del dipendente, un valore ancora inferiore a quello del 2019 (-0,2%) . Per le donne la retribuzione è più bassa in media del 25% rispetto a quella degli uomini e paro a 20.415 euro. Se si considerano solo le occupazioni a tempo pieno e indeterminato il salario lordo annuo è di 39,973 euro per i maschi e 35.477 euro per le donne.

Nei primi 36 mesi di applicazione del Reddito di cittadinanza (aprile 2019-aprile 2022) la misura ha raggiunto 2,2 milioni di nuclei familiari per 4,8 milioni di persone, per un’erogazione totale di quasi 23 miliardi di euro. Lo ha detto il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico nella sua Relazione annuale. L’importo medio mensile risulta per il mese di marzo 2022 pari a 548 euro per nucleo familiare, molto differenziato tra RdC (577 euro) e Pensioni di cittadinanza (248 euro). La scorsa settimana l’Istat ha calcolato che grazie al sussidio siano state salvate dalla povertà un milione di persone e diffuso stime sostanzialmente allineate a quello dell’Inps per quanto concerne l’entità delle buste paga.

“Se il quadro occupazionale appare promettente, scrive l’Istituto, segnali più preoccupanti vengono dalla dinamica retributiva”, si legge nel rapporto che spiega anche come questa dipenda fortemente dalla attività e dalla copertura contrattuale. Se la retribuzione media giornaliera per i dipendenti a full-time è pari a 98 euro, in sei tra i principali Contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl) è inferiore a 70 euro mentre nell’industria chimica è pari a 123 euro. Sempre superiori a 100 euro giornalieri risultano anche i valori medi nei gruppi di CCNL con meno dipendenti. Per i dipendenti a part-time la retribuzione media giornaliera è pari a 45 euro, ma risulta inferiore a 40 euro al giorno per i dipendenti di alcuni comparti artigiani (metalmeccanico, sistema moda, acconciatura/estetica). I lavoratori dipendenti che percepiscono meno di 9 euro lordi l’ora in Italia sono 3,3 milioni, il 23,3% del totale. E’ il calcolo dell’Inps che sottolinea anche come il reddito reale sia inferiore rispetto a due anni fa a causa dell’inflazione.

Redditi in discesa, aumentano le diseguaglianze – Aumenta viceversa la quota del monte salari che interessa l’1% più pagato dei dipendenti mentre si riduce quella di coloro che hanno le retribuzioni più basse. Lo ha evidenziato il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico nella sua relazione. “La crisi – dice – ha lasciato strappi vistosi nella distribuzione dei redditi lavorativi. Se si considerano i valori soglia del primo e dell’ultimo decile nella distribuzione delle retribuzioni dei dipendenti a tempo pieno e pienamente occupati, per operai e impiegati (escludendo dirigenti, quadri e apprendisti), emerge che il 10% dei dipendenti a tempo pieno di tale insieme guadagna meno di 1.495 euro, il 50% meno di 2.058 euro e solo il 10% ha livelli retributivi superiori a 3.399 euro lordi. La retribuzione media delle donne nel 2021 risulta pari a 20.415 euro, sostanzialmente invariata rispetto agli anni precedenti e inferiore del 25% rispetto alla corrispondente media maschile”. Il monte dei redditi e delle retribuzioni, corrispondente all’imponibile previdenziale, risulta assestato nel 2021 sopra i 600 miliardi, in modesto incremento in termini nominali quindi rispetto al valore del 2019 (598,2 miliardi). In valore reale, depurato dall’inflazione, i redditi sono in calo.

Pensioni dimezzate per la “generazione X” – L’Inps suona anche un campanello d’allarme sul futuro delle persone che oggi lavorano con retribuzioni ridotte. Con 30 anni di contributi versati e un salario di 9 euro lordi l’ora, un lavoratore potrebbe avere una pensione a 65 anni di circa 750 euro, meno della metà dei valori attuali. Nel Rapporto viene così ipotizzato il futuro previdenziale della generazione X (i nati tra il 1965 e il 1980) sottolineando che i più giovani dovranno lavorare in media tre anni in più rispetto ai più anziani. “Se il soggetto percepisse 9 euro l’ora per tutta la vita attiva, si stima che l’importo di pensione – si legge – si aggiri sui 750 euro mensili (a prezzi correnti), un valore superiore al trattamento minimo, pari a 524 euro al mese per il 2022.

I pensionati a fine dicembre 2021 erano in tutto 16 milioni per un importo lordo complessivo di quasi 312 miliardi (+1,55% sul 2020). Lo si legge nel Rapporto annuale dell’Inps nel quale si sottolinea che, sebbene le donne siano il 52% del totale (8,3 milioni a fronte di 7,7 milioni di uomini), percepiscono solo il 44% dei redditi pensionistici ovvero 137 miliardi di euro contro i 175 miliardi dei maschi. L’importo medio mensile dei redditi percepiti dagli uomini – si legge “è superiore a quello delle donne del 37%”. Se in media i pensionati percepiscono 1.620 euro lordi al mese le donne hanno 1.374 euro, oltre 500 in meno degli uomini (1.884).

L’85% dell’Irpef pagato da dipendenti e pensionati“Ciò che colpisce principalmente è il dato salariale, dove si registra un allargamento dell’area dei working poor (lavoratori che ricadono sotto le soglie di povertà pur avendo un’occupazione, ndr)“. Lo afferma il ministro del Lavoro, Andrea Orlando parlando alla presentazione del Rapporto annuale dell’Inps parlando invece di una positiva ripresa dell’occupazione. Sulle pensioni è partita una fase di confronto con le parti sociali. A fine anno, con la scadenza di misure come “Opzione donna” e l’”Ape sociale”, si renderà necessario procedere al loro rinnovo perché hanno ottenuto buoni risultati”, ha aggiunto Orlando.

Il punto è “come recuperare potere di acquisto per lavoratori e pensionati di questo Paese. Domani ripeteremo al presidente del Consiglio le nostre proposte, in primis il rinnovo dei contratti: occorre detassare gli aumenti contrattuali”. Così il segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, intervenendo al 12° congresso nazionale della Uil Pensionati. “L’85% dell’Irpef – spiega il leader della Uil – è versata da lavoratori dipendenti e pensionati, i 110 miliardi di evasione fiscale lì sono rimasti e non se ne parla più. Partiamo da qui, ragioniamo su questo”.

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