Nei primi tre mesi dell’anno è continuata la ripresa del mercato del lavoro iniziata nel 2021 in cui il pil ha conosciuto un forte rimbalzo dopo il crollo dell’anno prima. Ma la Nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione pubblicata da Istat, ministero del Lavoro, Inps, Inail e Anpal conferma che la ripartenza è estremamente avara con i lavoratori: un terzo dei 2,1 milioni di contratti a termine (mai così tanti, stando alle serie storiche) attivati tra gennaio e marzo era per incarichi di meno di 30 giorni, il 9,2% un solo giorno. Solo il 27,5% da due a sei mesi e un misero 1% scavalla l’anno. Non solo: dalle Comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro emerge un aumento dell’incidenza dei contratti di brevissima durata sul totale delle attivazioni. Quelli fino a una settimana sfiorano il 20%, 2,9 punti in più rispetto allo stesso periodo del 2021. Ed è boom anche per i lavoratori somministrati e quelli a chiamata.

A trainare questa tendenza al precariato più spinto – più che di flessibilità, come rilevato l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, si tratta evidentemente del tentativo di ridurre all’osso il costo del lavoro – è il comparto dei servizi. Colpisce il forte aumento (+6,7) dei contratti brevissimi nella pubblica amministrazione, istruzione e sanità. Nel settore di alberghi e ristorazione si registra un +1,9% dei rapporti che durano meno di una settimana, che comunque sono il 29%, mentre calano dell’8,9% quelli un po’ più lunghi, fino a due mesi, in favore di nuovi contratti che impegnano il lavoratore per periodi compresi tra sei mesi e un anno (+11 punti). Nell’industria e nelle costruzioni il quadro è rovesciato: calano i contratti sotto i due mesi, salgono quelli tra due mesi e un anno che in tutto sono oltre il 70% del totale. Il settore che vede la maggiore incidenza di assunzioni lampo è quello dell’informazione e comunicazione che include le attività cinematografiche, televisive ed editoriali: il 58,9% dei contratti è di un solo giorno, un altro 22% di incarichi dura tra due e sette giorni. Circa un terzo dei nuovi contratti è per meno di una settimana anche negli “altri servizi”, definizione che include attività artistiche, sportive, ricreative, servizi alle famiglie.

In ulteriore forte aumento anche il numero dei lavoratori in somministrazione, che secondo l’Inps arrivano a 471mila aumentando del 22% rispetto al primo trimestre 2021. E per i somministrati il numero medio delle giornate retribuite mostra una lieve diminuzione. Anche il numero dei lavoratori a chiamata o intermittenti continua a “crescere in modo sostenuto”: toccano i 215mila, un boom dell’83% rispetto ai primi tre mesi del 2021. Stando ai dati Inps, i lavoratori a chiamata hanno svolto in media 10,1 giornate retribuite al mese (erano 10,3 un anno prima).

E il lavoro stabile? Sempre nel primo trimestre sono stati attivati 584mila contratti a tempo indeterminato (dato destagionalizzato). Rispetto allo stesso periodo del 2021 si contano 268mila posizioni lavorative stabili in più: la crescita tendenziale sulla base delle comunicazioni obbligatorie è in rallentamento, nota il rapporto, considerando che nel quarto trimestre 2021 l’aumento era stato di 299mila unità e nel terzo di 310mila. Del resto nei primi tre mesi dell’anno il pil ha iniziato a frenare a causa di inflazione e impatto della guerra in Ucraina.

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