Operazione antimafia contro il clan del rione Noce a Palermo, la famiglia che era “nel cuore” di Totò Riina. La Polizia di Stato ha eseguito un’ordinanza cautelare firmata dal gip nei confronti di nove indagati accusati, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso ed estorsione aggravata dal metodo mafioso. Di questi, otto sono finiti in carcere e uno agli arresti domiciliari. Secondo gli investigatori sono tutti esponenti della cosca della Noce. Le indagini sono state coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda). Il provvedimento nasce da un’indagine avviata nel 2020 dalla Squadra mobile di Palermo e dal Servizio centrale operativo (Sco) della Direzione centrale anticrimine. Cinque dei nove coinvolti nelle indagini sono già stati condannati per appartenenza a Cosa Nostra.

Con l’operazione la Polizia ha ricostruito la nuova organizzazione del mandamento mafioso della Noce di Palermo, individuando chi aveva in gestione la cassa della famiglia (chiamata in dialetto “u vacilieddu”, il piccolo recipiente, ndr). Secondo le indagini i nuovi vertici realizzavano estorsioni a tappeto, imponendo il pizzo a tutti gli esercizi commerciali: una strategia criticata anche da alcuni affiliati, contrari a vessare gli ambulanti e le attività minori. Nel corso di una riunione del vertice mafioso è stato rimproverato al capofamiglia della Noce, Giancarlo Carmelo Seidita, che le nuove attività commerciali andavano sottoposte a un più incisivo controllo del mandamento. E il boss aveva preso l’impegno a fare il possibile per riportare il territorio e le relative attività economiche sotto il totale controllo della famiglia, nonostante i rischi connessi a una sua sovraesposizione nella riscossione del pizzo.

Nel corso dell’indagine è stato identificato Giancarlo Seidita come l’attuale capo del mandamento Noce e Cruillas, tornato al vertice dopo un lungo periodo di detenzione in carcere. La sua ascesa ai vertici di Cosa Nostra è stata favorita, negli anni passati, dai fratelli Lo Piccolo, i boss palermitani alla presenza dei quali, peraltro, è stato “combinato“, cioè messo a capo del mandamento. Grazie alle sue relazioni – sostengono gli investigatori – Seidita ha in breve tempo riorganizzato il clan, che era stato smantellato in seguito a numerosi arresti, e imposto nuove regole nel mandamento documentate da riunioni registrate dalla polizia giudiziaria. Incontri riservati, dove si partecipava senza cellulare, durante passeggiate lungo le pubbliche vie con i vertici delle altre famiglie mafiose. Seidita si è inoltre circondato di uomini di fiducia mettendo ai margini quelli ritenuti nel mirino delle forze dell’ordine.

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