Con l’elezione del nuovo presidente della commissione esteri del Senato è emerso il peggio della politica italiana.

Chi mi conosce sa che non ho mai bramato poltrone. La mia storia ne è una chiara dimostrazione. Il sottoscritto, in linea con i valori del M5s, non lavora per ambire a una poltrona ma per il bene dei cittadini, in particolare di quelli più fragili.

Dopo la destituzione di Vito Petrocelli è emerso il mio nome come successore perché da circa quattro anni sono capogruppo in Esteri e da due vicepresidente dell’aria internazionale. Pochi minuti dopo che è stato indicato il mio nome si è messa in moto la macchina del fango anche nei miei confronti. Sono stato tacciato di essere un estremista, un “antiamericano” e persino un filo-putiniano. E che si dovrebbe dire di Salvini che ha indossato la maglietta di Putin alla piazza rossa di Mosca, dell’inchiesta Russiagate? Per non parlare delle affermazioni di Berlusconi su Putin: “E’ il più grande democratico del mondo”. Anche lo yorkshire che si crede pastore tedesco, cioè Calenda mi ha definito “filo putiniano”, lui che è sempre stato a servizio dei salotti lobbistico-finanziari-montezemoliani.

Hanno rispolverato un libro pubblicato prima della mia elezione come “prova” della mia non purezza atlantista. Ma i libri vanno letti e non usati come spade per colpire l’avversario politico. Non siamo nel Medioevo.

In queste ore più volte mi sono posto la domanda: ma possibile che nel nostro Paese non sia possibile criticare le guerre mosse contro Vietnam, Afghanistan, Iraq e Libia senza essere definiti antiamericani e persino filoputiniani? Questo è provincialismo culturale, sudditanza. Negli Usa questo non accade, mentre in Italia personaggi come Noam Chomsky sarebbero arsi vivi come fu fatto con Savonarola nel 1498. Chi scrive ha disapprovato anche la partecipazione del nostro Paese a certi conflitti, questo fa di me un anti italiano? Siamo al parossismo. Possibile che in certi consessi e organizzazioni internazionali il nostro Paese non possa ambire a svolgere un ruolo da protagonista come fu fatto durante la pandemia ai tavoli europei da Giuseppe Conte?

Sono anni che massacrano noi del Movimento 5 stelle. Per il bene della mia forza politica e del nostro presidente Giuseppe Conte, ho subito rinunciato a questa candidatura. Non potevo permettere che attraverso me fosse colpito il mio Movimento.

Viviamo un periodo davvero difficile a livello internazionale. Quotidianamente muoiono civili e si rischia un’estensione e una degenerazione di questo conflitto. In questo contesto mi sembra triste ed ignobile che ci siano state persone che invece abbiano ambito alla poltrona.

L’elezione della nuova presidente, che ha visto unito il centrodestra, è la dimostrazione che le accuse a me rivolte fossero una scusa per destinare quel ruolo a qualcuno che era già stato scelto da tempo. Questa scorrettezza nei nostri confronti dovrebbe innescare una seria riflessione prima interna e poi con le altre forze politiche della maggioranza.

Con questa votazione si è voluta “punire” la linea del presidente Conte a favore del dialogo e non di un’escalation militare, una posizione portata avanti con sincerità che è osteggiata e temuta. Temuta nel palazzo ma condivisa dagli italiani. Noi dobbiamo avere come unica stella polare la pace. Ed è quello che continuerò sempre a fare.

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