Il 21 giugno del 2017 la Cassazione aveva confermato l’ergastolo per gli imputati per la strage di piazza della Loggia a Brescia, il 28 maggio 1974. Quel giorno una bomba interrompe un comizio antifascista e provoca otto morti e oltre cento feriti. La Suprema corte aveva sancito il fine pena mai per Carlo Maria Maggi, capo del gruppo neofascista Ordine nuovo nel Triveneto, e Maurizio Tramonte, giovane militante padovano ed ex informatore dei servizi segreti. Oggi la corte di appello di Brescia ha accolto l’istanza di revisione del processo presentata dalla difesa di Tramonte. Ci sarà quindi un nuovo processo, il sesto. L’8 luglio i giudici ascolteranno le dichiarazioni della sorella e della moglie del 70enne sulla circostanza che, a differenza di quanto riportato dalla consulenza antropometrica che lo dava in piazza Loggia quella mattina, portava la barba e che quindi, come sostenuto dalla difesa, non era in piazza il giorno dello scoppio.

“La mattina del 28 maggio 1974 non ero in piazza della Loggia a Brescia. Sono stato condannato innocentemente per la strage di piazza Loggia, un reato criminale e vigliacco. E io non sono né criminale, né vigliacco” aveva etto nel corso del processo e lo ha ripetuto oggi nell’udienza nella quale ha chiesto la revisione del processo. Tramonte, 70 anni, è intervenuto oggi, in collegamento dal carcere di Fossombrone e ha attaccato due testimoni del processo, Vincenzo Arrigo e Domenico Gherardini. Il primo disse di aver ricevuto da Tramonte la sua confessione circa la sua presenza in piazza della Loggia. Il secondo, che Tramonte gli riferì di essere stato in moto, con una Ducati Scrambler effettivamente posseduta in quel periodo dal condannato, alla riunione di Abano Terme nella quale fu deciso l’attentato. “Con loro non ho mai parlato di piazza della Loggia – ha dichiarato Tramonte -. Sono due persone ignoranti e invidiose. Non è colpa loro, è la loro natura. Hanno voluto costruire su di me un personaggio che non esiste – ha poi concluso riferendosi ai pm dell’inchiesta bresciana -. Anzi che esiste solo nelle loro teste”.

“Arrigo ha riferito a questa corte – si legge nelle motivazione della Corte d’appello di Milano del 22 luglio 2015 – che Tramonte gli aveva mostrato una foto nella quale erano raffigurate delle persone, domandandogli se lo riconoscesse. A fronte della sua titubanza, l’imputato gli aveva indicato uno dei soggetti ritratti affermando che era lui stesso e che “quella mattina” era effettivamente in Piazza Loggia”. Una rivelazione risultata poi determinante per la condanna di Tramonte: “Arrigo – scrisse la Corte – non si limita a riportare un’esternazione di Tramonte sulla sua presenza in Piazza della Loggia, ma dà concretezza alla stessa, indicando, fra le tante sottoposte al suo esame, una foto sicuramente riproducente la scena della strage, nella quale individua il soggetto in cui l’imputato si era riconosciuto”. “Rispettiamo le decisioni e ci prepareremo per l’udienza dell’8 luglio. Non accetto che la difesa di Tramonte dica che le parti civili hanno sempre cercato un colpevole. Non è vero così, come non commento le volgarità che ha pronunciato in aula Tramonte” ha commentato Manlio Milani, presidente della Casa della Memoria di Brescia e marito di Livia Bottardi, una delle otto vittime della Strage di Piazza Loggia.

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