“Adesso non c’è possibilità di sostituire il gas russo in Europa”. Vladimir Putin ne è certo: secondo lui la Russia vincerà anche la guerra dell’energia, non solo quella combattuta in Ucraina. Volodymyr Zelensky sembra temere che l’invasore possa avere ragione. Sarà per questo che ha accusato direttamente Germania e Ungheria di guidare l’opposizione all’embargo totale in Unione europea.

Al nodo energia Putin ha dedicato una riunione specifica del suo governo, per fare il punto sulle conseguenze delle sanzioni occidentali. “I tentativi di estrometterci, per sostituire le nostre risorse energetiche con forniture alternative, influenzeranno inevitabilmente l’intera economia mondiale”, è l’accusa, ma il destinatario principale del suo messaggio è l’Ue, che resta il mercato di riferimento per l’export di idrocarburi. “I Paesi europei parlano di tagliare le forniture russe e così facendo destabilizzano il mercato e fanno salire i prezzi per i propri cittadini”, ha avvertito Putin, secondo cui tra l’altro si tratta di minacce vuote. “Loro stessi infatti ammettono di non poter fare a meno delle risorse energetiche russe, incluso il gas naturale, semplicemente perché non ci sono alternative ragionevoli per l’Europa in questo momento”. Per il leader del Cremlino, contare su forniture da altri Paesi, come gli Stati Uniti, non è ancora possibile: “Costerebbero ai consumatori molte volte di più, incidendo sul tenore di vita delle persone e sulla competitività dell’economia europea”.

Il petrolio e il gas russo, effettivamente, continuano ad affluire con regolarità verso l’Europa. Al contrario di Stati Uniti e Gran Bretagna, che li hanno banditi. A Bruxelles è stato vietato solo l’export di carbone e si ragiona di rinunciare al greggio (ammesso che si raggiunga l’unanimità), mentre per il gas non ci sono piani alternativi nel breve periodo. Tanto che il presidente ucraino Zelensky ha criticato gli europei che versano “denaro sporco di sangue” nelle casse di Mosca. Soprattutto Berlino e Budapest, accusate di bloccare gli sforzi per un embargo sull’energia, da cui la Russia dovrebbe guadagnare oltre 300 miliardi di dollari quest’anno. “Altri nostri amici e partner – ha sottolineato – capiscono invece che ora è un momento diverso, che non è più una questione di affari e denaro ma di sopravvivenza”.

Non è un mistero comunque che l’Ue sia all’affannosa ricerca di soluzioni alternative. Ad esempio l’Italia, tra i più dipendenti dal gas russo, ha avviato un piano di diversificazione energetica. Tra chi conosce bene Putin si fa strada l’idea che un “vero embargo” sull’energia potrebbe fermare la guerra, indebolendo in modo decisivo l’economia russa. La previsione è di Andrei Illarionov, per sei anni consigliere economico del Cremlino, che oggi vive in America.

Lo stesso Putin, al di là dei trionfalismi di facciata, è consapevole che lo scenario potrebbe cambiare, e non in positivo. “Dobbiamo presumere che in futuro le consegne in Occidente diminuiranno“, ha ammesso parlando con i suoi ministri. Affidando loro il compito di agire su due direttrici: da un lato alimentare il mercato interno, e dall’altro “riorientare le nostre esportazioni verso i mercati del Sud e dell’Est che stanno crescendo rapidamente”. Cina e India soprattutto, ma anche “Africa, l’America Latina e l’Asia-Pacifico”. Per realizzare il piano B il Cremlino ha ordinato la “costruzione di nuovi oleodotti dai giacimenti della Siberia occidentale e orientale” e di “accelerare l’attuazione di progetti infrastrutturali, come ferrovie, oleodotti e porti”. Ma questa maxi-riconversione delle infrastrutture, ad oggi orientate soprattutto verso l’Europa, non sarà facile.

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25 aprile, Pagliarulo (Anpi): “Noi filoputiniani? Solo diffamazioni e insulti. Per fermare la guerra in Ucraina serve la politica, non le armi”

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