I pretoriani dell’autocrate ossessionato da manie di revanscismo sovietico avevano garantito che l’Occidente fosse al tramonto, l’America di Biden ripiegata su se stessa, la Nato spaccata, gli europei ossessionati dalle forniture di gas e soprattutto che le sanzioni economiche si sarebbero rivelate una pagliacciata senza conseguenze significative. Dopo tre giorni di guerra lampo tutto sarebbe tornato gradualmente alla normalità, come dopo l’annessione della Crimea.

Per fortuna, gli autocrati psicotici e spietati, nell’inseguire le proprie paturnie, finiscono col circondarsi esclusivamente di zerbini umani. Carriere e fette di potere vengono costruite sul cumulo di fandonie compiacenti di cui i suddetti zerbini imbottiscono le orecchie del padrone. Le voci dissenzienti prudentemente tacciono o vengono estromesse dalla catena di comando o dal cospetto del Capo, il quale pertanto da mediocre treccartaro, si illude di assurgere a sofisticato scacchista.

Quando poi la realtà irrompe travolgendo brutalmente porte e infissi il danno è irreparabile. Infatti a quel punto invece di riacquistare un barlume di lucidità l’autocrate entra in una fase di paranoia ancora più acuta, con una cerchia di fedeli ancora più stolidi, vigliacchi e disperati. Un esempio fu il Mussolini di Salò, di cui non a caso i putiniani italici sono incondizionati estimatori. Quanto a Putin, gli eventi, le manifestazioni di dissenso, i sospetti di congiure e i travasi di bile lo stanno trasformando in un Corazzato Potemkin di fantozziana memoria.

Putin e la sua cerchia si erano preparati a fronteggiare flebili ritorsioni (facilmente aggirabili) sulle transazioni commerciali. Invece la Russia ha subito una micidiale sequenza di deflagrazioni che ne anchiloseranno l’economia reale per anni.

La prima batosta è stata provocata dall’esclusione delle maggiori banche russe dal sistema SWIFT di cui l’opinione pubblica e quasi tutti gli “analisti geopolitici” da talk show ignoravano l’esistenza o l’importanza (in questo video di Inglorious Globastards spieghiamo il funzionamento di SWIFT).

Il sistema bancario russo è crollato di schianto. Sberbank, la regina assoluta, ha visto il suo valore alla Borsa di Londra scendere in pochi giorni con smottamenti successivi, da 15 dollari fino a 1 dollaro e infine a pochi centesimi. Ma nessuno le vuole nemmeno in regalo.

La batosta ancora più devastante (e inaspettata) è stato il congelamento di fatto delle riserve della banca centrale su cui il regime contava per gestire l’economia di guerra. Il cuore del sistema creditizio russo non è più in grado di sostenere l’economia. Il rublo, già alla deriva, veniva silurato sotto la linea di galleggiamento, nonostante l’autorità monetaria avesse aumentato il tasso di interesse dal 9,5% al 20%. Nella gente, precipitatasi ai bancomat, serpeggiava il panico. La banca centrale non ha corrisposto interessi per 29 miliardi di dollari (evento che implica la bancarotta) mentre le agenzie di rating declassavano il debito sovrano ben al di sotto del livello “spazzatura”.

La spirale, ormai incontrollabile, travolge tutto, ben al di là dei divieti imposti dagli occidentali. Le assicurazioni sulle esportazioni verso la Russia sono bloccate, le lettere di credito introvabili, persino le grandi banche cinesi (cioè di un paese amico che non partecipa alle sanzioni) hanno ridotto i legami con le società petrolifere. Le multinazionali hanno cessato le forniture, le società straniere presenti in Russia cercano di chiudere i battenti nonostante le minacce delle autorità. Blackrock, il più grande asset manager del mondo che gestisce 10 trilioni di dollari (7-8 volte il Pil russo), ha annunciato la vendita di tutti gli asset legati al paese aggressore.

I pochi investitori ed hedge fund ancora disposti a rischiare sui titoli russi non direttamente colpiti dalle sanzioni, non trovano chi regoli le transazioni. Pershing, una delle principali stanze di compensazione internazionali, ha comunicato ai clienti che i depositari, le società di fondi comuni e i fornitori di liquidità sia statunitensi che stranieri hanno imposto restrizioni “al di sopra e al di là” di quanto imposto dalle sanzioni. “Di conseguenza, gli ordini di acquisto e vendita, le operazioni eseguite e il movimento di attività su determinati titoli russi (oltre ai titoli sanzionati) potrebbero non essere accettati“.

Insomma la gragnuola di colpi è incessante e non se ne intravede la fine, mentre l’autocrate gioca a Mosca cieca con i fantasmi che un giorno si materializzeranno per destituirlo.

Rimane una chiosa finale per i no-euro nostrani. Ricordate gli imbonitori delle menti credule secondo cui una banca centrale sovrana avrebbe magicamente risolto qualsiasi problema grazie alla stampa infinita di moneta nazionale?

Attendiamo fiduciosi che, trasfigurati sui loro scranni in Parlamento, ritrovino la favella. Attendiamo con ansia che si rechino a Mosca per spiegare al loro idolo delle Steppe (non a quello della Padania che ormai li dileggia) come si gestisce una crisi epocale grazie ai poteri taumaturgici della moneta sovrana. Attendiamo conferma che abbiano convertito in rubli i risparmi accumulati e il ricco stipendio per dimostrare al volgo che li ha votati quanta incrollabile fiducia nutrono nelle loro teorie sul tramonto dell’euro.

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