La giornata era iniziata con le cautele del cancelliere tedesco Olaf Scholz, secondo cui le forniture energetiche russe sono “essenziali” per l’Europa e vanno lasciate fuori dal perimetro delle sanzioni. E’ finita con Mosca che, per bocca del vice premier russo Alexander Novak, ha per la prima volta apertamente minacciato di interrompere le consegne di gas naturale all’Europa occidentale attraverso il gasdotto Nord Stream 1, quello che passa per la Germania. “Abbiamo tutto il diritto di prendere una decisione speculare e imporre un embargo sul transito”, ha avvertito, commentando la notizia che Bruxelles martedì discuterà il suo piano per ridurre la dipendenza da Mosca. Una scelta che, a seconda di come verrà declinata, potrebbe rescindere l’ultimo legame economico tra l’Occidente e il Cremlino. Con tutte le conseguenze del caso, sia per quanto riguarda la sicurezza energetica dei Paesi che – come l’Italia – non sono in grado di sostituire rapidamente l’intera quota di gas acquistato dalla Russia sia perché Putin avrebbe a quel punto davvero mano libera.

In mezzo, si è registrata inevitabilmente una nuova impennata dei prezzi delle materie prime sui mercati. I future sul gas di Amsterdam, benchmark per il prezzo nel Vecchio Continente, hanno segnato un nuovo record chiudendo a 227,2 euro al megawattora. Su anche il petrolio, con i prezzi del greggio Wti a quota 116 dollari e quelli del Brent a 120 dollari. Di conseguenza lievitano i prezzi di benzina e diesel. Le Borse europee in questi clima di incertezza hanno chiuso in rosso, nonostante il tentativo di recupero nelle ore centrali di contrattazione. Piazza Affari ha perso l’1,36%, poco meno di Parigi (-1,31%) e meglio di Francoforte che ha ceduto l’1,98%. Anche Wall Street in chiusura è affondata, con il Dow Jones che cede il 2,37%, l’S&P il 2,95% e il Nasdaq che crolla del 3,62%.

Riunione martedì su nuove sanzioni e “pacchetto energia” – I leader europei hanno iniziato a valutare l’ipotesi di un embargo sulle importazioni di idrocarburi dalla Russia, come auspicato dal segretario di Stato statunitense Antony Blinken e rapidamente deciso dal Congresso Usa. Difficile che si arrivi allo stop totale, vista la posizione tedesca. Ma qualche nuova restrizione è di sicuro alle porte. Per martedì è in agenda una riunione della Commissione Ue su nuove sanzioni, riduzione della dipendenza da Mosca e interventi per limitare l’impatto del caro energia su consumatori e imprese. Le direttrici su cui si muove il piano sono un tetto ai prezzi del gas, spinta alle rinnovabili, quote minime per gli stock nazionali per il gas, più flessibilità sugli aiuti di Stato e la diversificazione delle forniture, l’aumento dell’efficienza di edifici e processi industriali. In più c’è l’idea di un fondo di compensazione in stile Recovery o Sure, che sarà discusso dai capi di Stato e di governo Ue giovedì e venerdì a Versailles. Sul primo fronte, ha detto la presidente Ursula von der Leyen che oggi a Bruxelles ha incontrato il premier italiano Mario Draghi, la Commissione “è pronta a sostenere gli Stati membri nella progettazione” di misure di regolazione dei prezzi, pur “eccezionale e limitata nel tempo”. Bloomberg citando fonti europee scrive che il piano d’emergenza punta a ridurre dell’80% già quest’anno la dipendenza dalle importazioni di gas russo grazie a maggiori importazioni di Lng (come quelle dal Qatar, per l’Italia).

Diversificazione e raddoppio degli stoccaggi – A Palazzo Berlaymont Draghi si è presentato con il ministro Roberto Cingolani, titolare del Mite. “Stiamo procedendo molto bene e molto rapidamente sul fronte della diversificazione”, ha spiegato il capo del governo. Qatar, Algeria, Azerbaigian e Libia sono i partner a cui sta puntando l’Italia ricevendo già le prime rassicurazioni in vista del prossimo inverno. L’obiettivo, comune a tutta l’Ue, è il raddoppio degli stoccaggi entro il prossimo autunno. Il 40% del gas italiano è importato dalla Russia ma Roma in questa dipendenza non è sola. Austria, Ungheria, Bulgaria, Finlandia, Polonia, Estonia e Germania stanno peggio. Si affaccia, a Bruxelles, l’ipotesi che nell’attesa della creazione di un fondo di compensazione ad hoc per imprese e famiglie si invitino gli Stati a usare i prestiti non utilizzati del Recovery Fund. E chissà che l’ipotesi non faccia da apripista ad un cambio in corsa di una parte degli obiettivi del Pnrr, visto che il contesto per l’Ue è cambiato. “L’energetico è solo uno degli aspetti, pensate all’immigrazione, che non colpisce tutti i Paesi nella stessa dimensione. Occorre che l’Ue si organizzi per cercare di aiutare i Paesi più colpiti. E’ un qualcosa che verrà naturale e sarà parte della creazione di una nuova Ue”, ha spiegato Draghi. Che in serata ha sentito Scholz su sanzioni e conseguenze in ambito energetico, oltre che sulla situazione sul fronte umanitario.

Il prezzo della benzina – Intanto proseguono inevitabilmente gli incrementi sulla rete carburanti. In base all’elaborazione di Quotidiano Energia dei dati alle 8 di domenica comunicati dai gestori all’Osservaprezzi carburanti del Mise, il prezzo medio nazionale praticato della benzina in modalità self sale a 2,004 euro al litro (venerdì 1,912), con i diversi marchi compresi tra 1,994 e 2,032 euro al litro (no logo 1,971). Il prezzo medio del diesel self schizza a 1,901 euro al litro (venerdì 1,788) con le compagnie posizionate tra 1,881 e 1,977 euro al litro (no logo 1,891). Quanto al servito, per la benzina il prezzo medio praticato cresce a 2,117 euro al litro (venerdì 2,039). La media del diesel servito vola a 2,019 euro al litro (venerdì 1,921).

Nell’Europa nord-occidentale il prezzo del diesel è salito secondo Bloomberg al livello più alto almeno dall’inizio di luglio 1989, con le preoccupazioni per le interruzioni delle forniture che agitano i mercati dell’energia. L’Europa importa grandi quantità di diesel dalla Russia. Il contratto diesel del primo mese – attualmente marzo – è salito fino a 1.369,50 dollari a tonnellata, prima di scendere a 1.327,75 dollari a Londra, secondo i dati dell’Ice Futures Europe.

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