“Sono a casa, positiva da quindici giorni, era inevitabile purtroppo, ci hanno fatto riaprire sapendo che ci saremmo ammalati tutti”. Lisa ha 34 anni, fa l’educatrice in un nido pubblico di Roma, fascia 0-5, quella su cui noi del IlFattoQuotidiano.it insistiamo da settimane perché assente da ogni intervento governativo. La fascia più vulnerabile perché non vaccinabile: non indossano le mascherine e da quest’anno non sono più nemmeno obbligatorie le bolle, quelle di massimo 7 bimbi istituite lo scorso anno proprio per evitare classi affollate.

Però a Lisa che si sfoga con me al telefono dico che non si poteva andare avanti con le quarantene costanti, una dopo l’altra, era necessario garantire il servizio alle famiglie lavoratrici. “Per carità, è giusto – mi risponde – ma io ora parlo da lavoratrice. Non siamo carne da macello. Anche io torno a casa e ho bimbi e nonni da proteggere”. Lisa è vaccinata e come lei tutti i suoi cari: “Sto parlando con te come parlassi con mia sorella. Ho l’obbligo di fedeltà con il Comune di Roma, i panni sporchi si lavano in casa, sennò mi cacciano”. Ok, va bene, infatti Lisa è un nome di fantasia. Insisto: la scuola non può più chiudere, è un prezzo troppo alto da pagare per bambini e famiglie, tu cosa proponi? “Si dovevano mantenere le bolle, aumentare le dotazioni organiche; finanziare con soldi pubblici un monitoraggio diagnostico costante per tutti, bambini e personale in servizio”. E non è stato fatto? “Poco o niente”. Le mascherine vengono distribuite gratis. “Ho ricevuto una scatola da 10 Ffp2 dall’inizio dell’anno”. E i tamponi? “Ce li paghiamo noi”. Vi testate spesso? “Sta alla coscienza e al portafogli di ciascuno. Io ho genitori malati, uno diabetico e l’altro cardiopatico, quindi anche se mi costa molto, faccio un tampone a settimana, a prescindere che abbia sintomi o meno”. Oggi come ti senti, è passata la febbre? “Si, ma sono ancora acciaccata, anche io sono diabetica e nonostante le tre dosi, un po’ l’ho sentito. Le nuove regole per me non sono rassicuranti: 5 casi di positività in 5 giorni per far scattare la chiusura della classe, equivale al contagio libero. Mi sembra che c’hanno lasciato soli a fare una guerra in prima linea difendendoci con i coperchi delle pentole come scudi”.

Incontro Alessia, educatrice alla materna: “Non usare il mio cognome per favore”. Anche lei è vaccinata con tre dosi. “Al rientro delle vacanze di Natale, puntuale come un orologio mi sono beccata la Covid. Me l’ero già preso l’anno scorso. Anche tutte le mie colleghe sono a casa positive”. Che ne pensi delle nuove regole per la scuola entrate in vigore il 7 febbraio? “In pratica se mi fossi contagiata ora la mia classe non sarebbe in quarantena. Mah… Oltre me anche altri due bimbi sono positivi”. Dal 7 febbraio fino a quattro casi positivi si va avanti. Il ministero dell’Istruzione per chiarire i punti più controversi della gestione dei casi ha pubblicato anche delle FAQ sul sito. “Ma se si chiude dal quinto caso in poi, in pratica l’unica forma di precauzione per noi maestre è l’obbligo di mascherina per dieci giorni? Ma io la mascherina in classe con i bimbi la devo portare sempre, a prescindere che ci siano o no casi di bimbi contagiati. Non conosco strutture nel mio municipio che stiano funzionando a regime. Garantita la scuola in presenza ha detto il ministro, ma stiamo tutti a casa malati”.

Ho l’impressione che qualsiasi regola sarebbe stata varata comunque avrebbe scontentato qualcuno: “Sono finte regole, però. Che senso ha lo stato di emergenza se poi a scuola è liberi tutti. Possiamo dire almeno questo? Non sono regole che tutelano la nostra salute e nemmeno quella dei bimbi. Tutelano solo il lavoro, punto. Aspettare che ci siano 5 positivi (a prescindere dalla composizione numerica del gruppo/classe) equivale a dire “non possiamo permetterci di chiudere, di bloccare le attività economiche” senza averne le palle però di dirlo chiaramente. In Inghilterra, nel Nord Europa, sono stati più trasparenti con la popolazione. È chiaro che senza copertura economica per sostenere le famiglie non c’è alternativa. Lo dicessero chiaramente però”.

“Con un positivo in casa posso andare a lavorare mantenendo però 2 metri di distanziamento in autosorveglianza… E io come rispetto 2 metri di distanza con bimbi di tre, quattro, cinque anni?” Valeria, da quest’anno è passata alla materna. “Tre giorni fa sono andata a lavorare pur non sentendomi in formissima, perché mancava già la mia collega e non ci mandano sostituzioni. Ieri ho fatto tampone e sono risultata positiva. Per 1300 euro al mese ho anche la responsabilità di tenere un servizio aperto nonostante tutto. E ora ho sulla coscienza il peso di aver potuto contagiare qualcuno dei miei bimbi”. Come state a casa? “Per ora positiva solo io. Speriamo rimanga così”. E nella tua sezione? “Due gemelle sono positive ma asintomatiche per fortuna”. Quindi la classe resta aperta. “Sì, però senza educatrici, perché anche la mia collega è positiva e quindi le maestre delle altre sezioni si dividono su più classi. Per fortuna diversi genitori stanno capendo la situazione e stanno tenendo i bimbi a casa. Se la dotazione economica messa su questo settore fosse stata adeguata avrebbero potuto chiamare tutte le colleghe in graduatoria e già questo avrebbe fatto la differenza”. È vero però che non tutte hanno il punteggio sufficiente per essere destinate alla fascia 0-5? “Le più basse in lista d’attesa si. Ma scontiamo anni di mancati investimenti nel settore educativo e oggi i nodi vengono al pettine. Peccato che non abbiamo imparato nulla e in futuro se ci trovassimo ancora in una situazione simile, finiremmo di nuovo in affanno. Non c’è stato alcun intervento strutturale né sugli edifici che ci ospitano, né sulla formazione”.

“Io da quest’anno insegno alla primaria. – mi racconta Laura. – Voglio ragionare da mamma con te però, non da maestra. Non c’era alternativa, era giusto snellire la burocrazia. Le Asl sono esplose, e le famiglie devono andare a lavoro. Nidi e asili svolgono una funzione pubblica importantissima, non si poteva continuare a chiuderli. Inoltre credo sia giusto che anche noi genitori ci autodiscipliniamo”. Cristina mi scrive su facebook: “Sono una lavoratrice di una mensa di un nido di Roma e le posso assicurare che andare al lavoro è come andare in trincea… Le linee guida non sono attuabili con bimbi così piccoli, come si fa a tenere a distanza un bimbo? Oltre tutto noi con il booster, anche se siamo stati a contatto con un positivo o peggio ancora se ci viviamo insieme possiamo andare regolarmente al lavoro, basta indossare la fpp2 ed osservare l’autocontrollo per 5 giorni per poter fare il tampone e se siamo positivi sai che strage. Qui l’unica protezione efficace che ci rimane è la mano di Dio… Speriamo bene”.

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