Incassato il benestare della Commissione Ue, Parigi accelera sul nucleare. O almeno ci prova. Ieri il presidente Emmanuel Macron ha annunciato che verranno costruiti 6 nuovi reattori e che altri 8 sono allo studio. Un piano il cui costo viene stimato in circa 50 miliardi di euro e che donerebbe al paese una capacità aggiuntiva di 25 gigawatt al 2050. I lavori dovrebbero partire nel 2028. Macron ha anche affermato che “tutti i reattori che possono, devono essere prorogati al di là dei 50 anni di vita”. Il parco delle centrali nucleari francesi, 56 quelle in uso, costa e deve essere riammodernato. Secondo Électricité de France (l’Enel francese) servono almeno altri 50 miliardi. Con l’inclusone nella tassonomia verde (la lista di fonti energetiche ritenute funzionali alla transizione verso l’azzeramento delle emissioni nette di Co2) dell’atomo Parigi potrà finanziare questi interventi più agevolmente e pagando interessi ridotti.

La Francia ottiene dal nucleare circa il 70% dell’energia che consuma. Nel frattempo però problemi si accumulano e così i ritardi come quello del terzo reattore della centrale di Flamanville in Normandia i cui costi sono cresciuti nel tempo sino a sfiorare i 13 miliardi di euro. Negli ultimi mesi più di una centrale è stata fermata per ragioni precauzionale privando il paese del 20% della sua capacità di generare energia. Per la prima volta la Francia è diventata un importatore netto di energia e non più un esportatore. Dietro le parole di Macron c’è anche un calcolo politico. Tra due mesi circa si terranno le elezioni presidenziali, il nucleare è ben visto in Francia che ritengono questa industria motivo di orgoglio. Non è certo che se dovesse essere eletto un altro presidente il piano di investimenti venga confermato.

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