Nuovo rinvio alla Camera dei deputati per il disegno di legge sul fine vita. Così come anticipato prima dell’arrivo in Aula da Riccardo Magi, deputato di +Europa che ha presentato una ventina di emendamenti nel tentativo di migliorare un testo arrivato a Montecitorio già annacquato dopo i compromessi in commissione, ci sarà ancora da attendere. Forse fino alla settimana prossima, se ci sarà spazio tra decreti in arrivo e altre urgenze. In realtà, “non prima di marzo”, almeno per quanto riguarda i voti sugli emendamenti secondo Magi. Tradotto, non sono bastati anni di attesa, appelli della società civile, leggi di iniziativa popolare ignorate, inviti della Consulta a legiferare: mercoledì 9 febbraio in Aula si è fatto soltanto un piccolo passo, con l’illustrazione generale degli emendamenti.

Qualche intervento, nulla di più, in un’Aula tutt’altro che gremita. E con il vicepresidente di turno Fabio Rampelli che più volte è dovuto intervenire per richiamare l’attenzione dei deputati. “Chi non è interessato, può uscire”, è stato costretto a spiegare, riportando l’attenzione su un provvedimento che scontenta al momento sia chi sta portando avanti in modo parallelo la partita del referendum sull’eutanasia legale, sia quelle forze e partiti di destra che puntano comunque ad affossare il ddl sul suicidio assistito.

Al termine della discussione, è stato il relatore M5s Nicola Provenza, parlando anche a nome dell’altro relatore, il dem Alfredo Bazoli, a chiedere il rinvio dell’esame “alla prima data utile della prossima settimana”. Ma l’ipotesi che si possa iniziare a votare già tra sette giorni è difficile: anche perché a Montecitorio arriverà il decreto che proroga fino al 31 marzo lo stato di emergenza Covid, poi sarà l’ora del decreto Milleproroghe (mercoledì 16 febbraio) da convertire in legge, previo passaggio al Senato, entro il 28. Ma non solo: anche il decreto che ha introdotto l’obbligo del green pass rafforzato per gli over 50 rischia di sovrapporsi e allontanare nel calendario dei lavori il ddl sul fine vita. Quindi, l’esame potrebbe slittare a marzo, con tanto di contingentamento dei tempi.

In attesa, gli schieramenti restano profondamente divisi su tutti quei punti – dal nodo dell’obiezione di coscienza, alle cure palliative, alle condizioni di accesso – che non sono state risolte in commissione, già oggetto di emendamenti opposti – oltre 200 in totale – tra chi vuole allargare e chi restringere l’accesso al diritto.

Il rischio, come già ha avvertito lo stesso Riccardo Magi, è che in Aula, sui voti segreti, il provvedimento possa fare la fine del Ddl Zan contro l’omotransfobia. Anche perché anche durante la seduta odierna è stata ribadita la contrarietà, soprattutto dalla Lega. “Siamo contrari, è un testo eutanasico”, ha attaccato il leghista Alessandro Pagano. Mentre sul fronte opposto in molti hanno chiesto interventi migliorativi, come l’ex M5s Doriana Sarli e la deputata di Italia Viva, Lisa Noja (con il partito di Renzi che ha però scelto per la libertà di coscienza, ndr).

Così il rischio di una nuova conta in Aula, quando si dovrà passare ai voti, è reale. Anche perché poi si dovrà comunque passare in Senato, dove i numeri della vecchia maggioranza giallorossa – soprattutto se mancassero i voti di Iv – non sono sufficienti. “Senza modifiche la legge sarebbe inutile e dannosa“, ha già avvertito il radicale Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, che invece attende di conoscere il prossimo 15 febbraio il verdetto della Consulta sull’ammissibilità del referendum sull’eutanasia legale. Così, forse anche in attesa di conoscere il parere della Corte, in Aula si è preso ancora tempo. Con le forze di centrodestra che sperano pure in una bocciatura del quesito. L’obiettivo seguente sarebbe poi quello di fermare anche i lavori di un’Aula che già adesso sul fine vita continua a procedere a dir poco a rilento.

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