Il dibattito sulla riforma delle regole europee sui conti pubblici sta entrando nel vivo. A due anni dallo scoppio della pandemia in Europa e dall’attivazione della clausola generale di salvaguardia, con cui a marzo 2020 è stato sospeso l’obbligo di rispettare i parametri del Patto di stabilità, occorre decidere la rotta da seguire prima che i paletti su deficit e debito tornino in vigore. Di sicuro c’è che da settimane il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis è tornato a insistere sulla necessità di fare inversione di marcia. “Quando le condizioni lo permetteranno, i Paesi dovrebbero iniziare a ridurre i propri disavanzi e riportare il debito su un percorso discendente”, ha ribadito il politico lettone in audizione alla commissione affari economici del Parlamento europeo. E non è un caso se il governo Draghi ha chiuso alla possibilità di un nuovo scostamento di bilancio, chiesto da tutta la maggioranza per far fronte al rincaro delle bollette. Il nuovo irrigidimento su questo fronte, peraltro, va di pari passo con la svolta della Bce di Christine Lagarde, che la settimana scorsa ha fatto capire di non escludere una linea più aggressiva nel contrasto all’incremento dei prezzi. Anche se oggi, in audizione, ha promesso che “non si verificherà un aumento dei tassi prima del termine dei nostri acquisti netti di asset”. Del resto, se la Bce “dovesse agire alzando rapidamente i tassi, questo avrebbe un impatto sui prezzi dell’energia? Non credo proprio”, ha sottolineato Lagarde. Oppure, rimetterebbe in movimento “i container“, risolvendo i problemi nelle catene globali del valore? “Non credo proprio”.

La clausola generale di salvaguardia verrà disattivata a partire dall’inizio del 2023, “a meno che non ci siano grosse sorprese al ribasso” sull’andamento dell’economia, ha confermato Dombrovskis, ma la Commissione “fornirà linee guida” sulla politica di bilancio “per evitare il cliff effect”, cioè un ‘effetto precipizio‘ dovuto ad un ritorno improvviso in vigore delle vecchie regole. Di sicuro “è difficile insistere sulla regola del ventesimo“, quella che prevede, per i Paesi con un debito superiore al 60% del Pil, una riduzione di un ventesimo l’anno del debito pubblico che eccede il 60%. Ma le politiche di bilancio degli Stati membri “dovrebbero anche tenere conto dei rischi per la sostenibilità di bilancio”. E l’Italia ha già ricevuto una “nota di cautela sulla rapida crescita della spesa corrente“.

Come è noto la posizione di Italia e Francia – espressa a dicembre da Mario Draghi e Emmanuel Macron in un intervento al Financial Times basato sulla proposta di Francesco Giavazzi, Veronica Guerrieri, Guido Lorenzoni e Charles-Henri Weymuller – è che occorre lasciare agli Stati spazi di manovra per investire nella transizione ecologica e digitale, oltre a prevedere che un‘Agenzia europea del debito acquisti tutti i titoli emessi nel periodo del Covid e che in futuro ogni Paese stipuli con la Commissione un accordo personalizzato per la riduzione realistica del debito. Il nuovo ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner dal canto suo ha chiarito la settimana scorsa di non ritenere che “la messa in comune dei rischi e l’ammorbidimento delle regole comuni ci facciano fare progressi. Però bisognerà trovare il modo di migliorare il Patto di stabilità facendo in modo che l’abbattimento dei debiti non tolga margini agli investimenti in tecnologie avanzate, tutela ambientale e altre importanti priorità”.

Il commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni sta evidentemente tentando di mediare tra colombe e falchi. “Ridurre il debito e aumentare gli investimenti non dovrebbe essere un ossimoro“, ha detto durante la stessa audizione. In Europa occorre lavorare “per trovare un consenso sul modo di tenere questi due obiettivi insieme”. Nel frattempo, in primavera la Commissione “sarà in grado di proporre soluzioni” in grado di “fare da ponte” tra la situazione attuale e quella che dovrebbe risultare dalla revisione del quadro regolatorio, attualmente in discussione. La soluzione cui la Commissione pensa è una comunicazione che consenta di interpretare le regole vigenti in modo meno restrittivo, come accadde con la comunicazione della Commissione Juncker sulla flessibilità, che fu la condizione pattuita dal lussemburghese per avere l’appoggio del Pd di Matteo Renzi ed essere eletto presidente della Commissione, come ha raccontato pubblicamente lo stesso senatore prima di Natale a Bruxelles.

Il tutto in un contesto che sta vedendo la ripresa indebolirsi a causa del diffondersi della variante Omicron e di altri fattori come i rincari dell’energia. “Ci si aspetta che l’incremento dell’inflazione durerà per un periodo più lungo rispetto alle previsioni”, ha ammesso Dombrovskis. “Questo avrà un impatto sul potere di acquisto e la crescita, l’importante è che non si consolidi”. L’attesa è di un primo trimestre di crescita zero, anche se poi, secondo Gentiloni, l’economia europea “continuerà la ripresa nel 2022, principalmente grazie alla vaccinazione” contro Covid-19 e “alle politiche di bilancio e monetarie di sostegno” dell’economia. Sulla base delle previsioni d’autunno, il disavanzo di bilancio aggregato nell’area dell’euro dovrebbe diminuire notevolmente dal 7,1% del Pil l’anno scorso al 3,9% quest’anno e al 2,4% il prossimo anno. “Allo stesso tempo, si prevede che il debito pubblico avrà raggiunto il picco del 100% nella zona euro nel 2021 e scenderà abbastanza lentamente al 97% entro il 2023″, ha anticipato il commissario, che giovedì 10 febbraio presenterà le Previsioni economiche d’inverno a Bruxelles.

A marzo le stime della Bce saranno aggiornate tenendo conto di “come l’aumento dei prezzi dell’energia si trasmetterà all’economia e influirà sulle prospettive generali”. In gioco ci sono due fattori che potrebbero spingere in direzioni diverse: da un lato, l’aumento dei costi dell’energia “può far salire i prezzi direttamente, aumentando il costo di produzione, e indirettamente, avendo effetti di secondo impatto sui salari. D’altro canto, possono avere un impatto negativo sui redditi delle famiglie e sui guadagni delle imprese, riducendo così l’attività economica” e per questa via “smorzando le prospettive di inflazione. In passato, l’area dell’euro è stata particolarmente vulnerabile al secondo fattore, poiché le impennate dei prezzi dell’energia hanno indebolito il potere di spesa delle famiglie e ridotto l’inflazione nel medio termine”. Di qui l’aspettativa che la fiammata non durerà molto a lungo.

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