Nei commenti a caldo, subito dopo la rielezione di Mattarella, è emerso un netto divario i tra politici (euforici), i direttori dei grandi giornali e i network TV (soddisfatti, rassicuranti), e la gente comune (infuriata). Sui social, il 98% dei commenti sono di questo tenore: “indegni”, “vergogna”, “desolante”, “classe politica imbarazzante”, ecc.

Ad esempio Michela sottolinea “l’incapacità dei partiti di fare un nome alternativo serio, di andare oltre gli interessi di parte e di proporre una figura di alto profilo… Deludente, avevamo l’occasione di scrivere la storia, di avere un presidente donna che avrebbe dato il suo inestimabile contributo, peccato”. Giorgio: “Tutti apprezziamo Mattarella, ma nascondersi dietro a un galantuomo non fa onore ai parlamentari. Che hanno fallito nel loro compito, costringendo il galantuomo a metterci una pezza, e il Paese a subire una forzatura costituzionale”.

Su Mattarella, sempre rispettato, compaiono solo velate critiche. Rita: “Un giovanotto… finirà il suo mandato a 87 anni portando energia ed innovazione!”. Carlo: “Il presidente Mattarella non merita di seguire la volontà malata di questo Parlamento”. Roberto: “Doveva essere coerente e non accettare il secondo mandato altrimenti è solo un gioco delle parti…”. L’esito finale è giudicato unanimemente comunque non male (o buono). Ed allora, perché tanta rabbia?

Il 29 gennaio Pd, Leu, IV, e FI hanno bocciato la candidata a cui, dopo ampia selezione, si era giunti, caratterizzata da importanti valori democratici, umani, caratteriali, con grande esperienza istituzionale, e veramente super partes (dimostrata nella vita professionale), proposta da Salvini, Meloni, e Conte? Il pretesto ideale è stato offerto da Renzi: “Il capo del SIS non può diventare Presidente”. Altri politici si stanno associando, ma Letta (Pd) ha candidamente ammesso: quel ruolo “non era ostativo”. (In ogni caso il SIS non è un servizio segreto ma un ente di coordinamento). Ma anche fosse: l’asino casca di fronte all’incapacità dei partiti di selezionare qualsiasi candidata/o di livello. Non, stavolta, perché non vogliono una donna. Come ha scritto il sig. Riziero su Facebook: “60 milioni di incapaci: questo ci avete detto, grandi elettori!”.

Ho chiesto lumi via sms a un deputato del centro-sinistra il 29 mattina, prima che i capi di partito si recassero in ginocchio da Mattarella. Come mai non votate una candidata che incarna i valori costituzionali che dichiarate di sostenere, quando persino i neo-fascisti sono disposti a votarla? Risposta: “Ciao Giorgio, il punto è che in nessuna democrazia al mondo le più alte cariche politiche sono occupate da persone di indubbia qualità ma mai passate al vaglio del voto popolare”. Questo è il vero retro-pensiero che ha impedito l’elezione di un nuovo presidente.

La tesi del mio amico politico ignora la Storia. Dini, Ciampi, Monti, Draghi – i primi che mi vengono in mente – hanno occupato alte cariche senza “voto popolare”. Nel resto del mondo sono talmente tanti (Yellen, ecc.) che è inutile parlarne. Inoltre, il mio amico manca di rispetto alla Costituzione. L’art. 84 recita: “Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d’età e goda dei diritti civili e politici”.

Quanto alla democrazia, le segreterie dei partiti scelgono i candidati nei collegi senza alcun “vaglio popolare”. Sotto sotto, emerge una concezione tendenzialmente peronista, di democrazia diretta, quando la nostra Costituzione è (saggiamente) impostata sulla democrazia rappresentativa: il corpo elettorale sceglie i membri delle Assemblee Legislative (Parlamento, Assemblee Regionali), e questi a loro volta dovrebbero nominare nei ruoli esecutivi e istituzionali (PdR, C.Cost., CSM…) i migliori. Invece i nostri politici si sono allargati: a monte, la selezione della classe politica è stata sottratta ai cittadini; a valle, le posizioni esecutive e istituzionali, i selezionatori le riservano per se stessi (salvo quando i disastri sono tali che bisogna chiamare il Salvatore della Patria di turno).

Per inciso, con il criterio del “vaglio popolare” era impossibile trovare l’agognato PdR super partes: chiunque fa politica non è super partes.

Questo criterio è alla base del declino italiano. Lo aveva previsto Enrico Berlinguer nel 1981: “I partiti hanno degenerato e questa è l’origine dei malanni d’Italia… I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo… enti locali, enti di previdenza, banche, aziende pubbliche, istituti culturali, ospedali, università, la Rai TV… E il risultato è drammatico. Tutto… [si fa] in funzione dell’interesse del partito … corrente … clan cui si deve la carica. Noi vogliamo che i partiti cessino di occupare lo Stato. I partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato… ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l’operato delle istituzioni…”.

Negli ultimi decenni i partiti hanno asfissiato il Paese con i conflitti di interesse e la mediocrità. Ora la destra prepara la spallata decisiva (nella prossima legislatura): senza i controlli costituzionali sulla maggioranza di turno non ci saranno più freni. La Costituzione, nonostante i partiti, sta garantendo ancora libertà, benessere e… Mattarella! Andrebbe attuata, applicata, aggiornata. E chi se non gli eredi dell’arco costituzionale dovrebbero proporre una strategia di “ritorno alla Costituzione” per uscire dal declino?

Invece, a sinistra hanno perso la cultura costituzionale. In altre parole, il centro-sinistra in quanto tale non è in campo. Perciò siamo un Paese squilibrato e instabile.

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