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Achille Lauro: “Sesso e tatuaggi già a 13 anni, poi ho capito che stavo buttando la mia vita nel ce**o”

Un Achille Lauro a cuore aperto quello che si legge nell’intervista pubblicata sul Corriere della Sera. Proprio il cuore, insieme al suo battito cardiaco, avrà un ruolo principale nel concerto registrato dal vivo che si terrà il 7 dicembre al teatro degli Arcimboldi di Milano

di Gianpiero Pisanello

“Il cuore rappresenta l’esistenza e la mia esistenza è irrazionale, misteriosa e basata su emozioni, passioni e su un ignoto destino”. Un Achille Lauro a cuore aperto quello che si legge nell’intervista pubblicata sul Corriere della Sera. Proprio il cuore, insieme al suo battito cardiaco, avrà un ruolo principale nel concerto registrato dal vivo che si terrà il 7 dicembre al teatro degli Arcimboldi di Milano. “Avrò dei sensori collegati al corpo che registreranno il battito e lo proietteranno creando un’immagine unica incorporata in un NFT”, fa sapere l’artista. “Durante il concerto – continua – sarò accompagnato dall’Orchestra della Magna Grecia che è un corpo unico fatto di singoli elementi, rappresenta l’unione. In fondo anche noi, come singoli e come società, siamo fatti così. L’asta sosterrà un progetto benefico per il reparto di cardiologia infantile del Policlinico San Donato”. L’intervista è anche l’occasione per parlare della sua vita, del suo passato, delle prime volte e del futuro. “Vengo dalla periferia romana – afferma Achille Lauro – ai bordi del raccordo, una realtà di estrema difficoltà. Malavita e criminalità mi hanno fatto crescere con miti sbagliati. Roma non è corrotta, diceva qualcuno, ma corruttrice. Mi sono reso conto che stavo crescendo in un bolla sbagliata che mi avrebbe portato nella merda. Se parlo di droga non è quella che gira nel mondo dello spettacolo, ma di una bolla in cui non hai aspettative, non c’è futuro e accadono cose tremende da cui non si esce intatti. Dopo i 20 anni capisci che quelle non sono più cazzate, ma che stai buttando la tua vita nel cesso, stai diventando un uomo e se continui non puoi più cambiare strada ed è tardi per la redenzione”.

Le prime volte rappresentano delle tappe importanti per la sua vita: “La prima volta a 13 anni, lei aveva qualche mese in più. In quelle realtà metropolitane si cresce velocemente”. Anche il primo tatuaggio a 13-14 anni: “È un sole con l’iniziale del nome di una persona importante. A mia mamma avevo detto che era fatto con l’henné. Tutti i tatuaggi sono legati o a persone importanti o a un lato estetico e culturale come quelli del filone giapponese”. Proprio sul suo passato, recentemente, l’artista romano sui social ha pubblicato una sua foto da piccolo con un gattino tra le braccia accompagnato dalla frase: da piccolo volevo essere grande. “Credo che sia qualcosa che tutti abbiamo provato – fa sapere commentando quel post – e poi quando si cresce magari si vuole tornare bambini. Negli ultimi sei mesi questa cosa l’ho sentita meno. Ho lavorato così tanto che non avevo tempo per la malinconia, ma con quel post volevo anche raccontare una delle contraddizioni della vita: vogliamo sempre essere quello che non siamo. Sono sempre insoddisfatto, cerco quello che non ho”.

E proprio sulla malinconia, non ha dubbi: è il ricordo della nonna. “Quando da bambino, assieme a mio fratello maggiore e ai cugini, andavamo dalla nonna materna. Ci parlava con dolcezza nelle orecchie e ci regalava dei giocattoli. Semplicità e felicità”. Ritornando alla sua carriera come non ricordare ad Achille Lauro il “famoso” mantello, a Sanremo 2020, durante l’inizio di “Me ne frego”: “Ero concentrato sul gesto più che sulla performance canora. Mi giocavo otto mesi di lavoro in un secondo: tutto o niente. Ricordo la gente in prima fila all’Ariston: interdetta ma contenta. Ho sentito che qualcosa stava accadendo, che sarebbe stato l’ultimo giorno da signor Nessuno”. Ora che signor Nessuno non lo è, qualche soddisfazione sia artistica che personale se l’è tolta: “Nemmeno quando facevo rap mi interessavano orologioni, collane o macchinoni. Per come sono stato educato me ne frego delle cose materiali. Ai tempi della trap vivevo in un monocale, di giorno ufficio, di notte branda. Ho sempre investito tutto quello che ho guadagnato per poter avere una visione più grande. Un anno e mezzo fa sono cascato nel piacere delle cose materiali e ho comprato una Ferrari, ma l’ho già venduta”. E ora che è nel pieno della sua carriera artistica, se si vedesse da bambino non ha dubbi: “Credo che gli piacerebbe, sono cresciuto con i personaggi più assurdi del punk. I bambini guardano tutto con purezza, senza sovrastrutture. Impazzisco quando uno di loro mi dà un disegno in cui mi ha fatto il ritratto. Spero che un giorno possa servirgli ricordare di aver visto uno che infrangendo le regole è riuscito ad essere se stesso”.

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