“Le ragazze venivano apposta per drogarsi“, la 18enne che lo accusa di averla violentata a Milano era entrata in camera sua “volontariamente, consensualmente“, per “fare sesso e assumere sostanze”, e anzi aveva preteso soldi per il sesso estremo. Anche nell’altro caso di stupro per cui è imputato, avvenuto a Ibiza ai danni di una 23enne, la presunta vittima era “assolutamente e completamente consapevole di quello che stava facendo”. Questo ha detto Alberto Genovese, l’imprenditore 44enne arrestato a novembre 2020, nell’interrogatorio reso su richiesta l’8 ottobre scorso di fronte ai pm Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini, che qualche giorno dopo ne hanno chiesto il rinvio a giudizio per violenza sessuale aggravata, lesioni, detenzione e cessione di stupefacenti. A riportare gli stralci del verbale è il Corriere della Sera. In sostanza, Genovese afferma ancora una volta che il comportamento delle ragazze fosse consapevole e consenziente: secondo la Procura di Milano, invece, era lui a stordirle con un mix di droghe per poi poter abusare di loro a piacimento. In una chat di agosto 2020 che i magistrati gli contestano scrive: “Io sono un porco pedofilo“, dicendo di avere “un range 16/20” che “in Italia è legale, tecnicamente (…) se non sei un suo parente o un prof”.

L’imprenditore era stato arrestato dopo la denuncia di una 18enne, che l’11 ottobre 2020, dopo quasi ventiquattr’ore di violenze, era riuscita a fuggire da “Terrazza sentimento” – l’attico di Genovese a Milano in zona Duomo – e a fermare una volante della polizia. In seguito era spuntata la seconda accusa, quella di aver abusato – stavolta insieme alla fidanzata Sarah Borruso, anche lei imputata – di una modella 23enne a Ibiza, nella residenza “Villa Lolita“, dopo averla resa incosciente con cocaina e ketamina. Ora ai pm dice che in quei party si viaggiava in “un universo in cui tutto era permeato dalla droga. Io ero arrivato addirittura a pensare di non poter stare con una ragazza che non fosse drogata”. E parla delle origini della sua tossicodipendenza, nata – dice – dopo la separazione della donna con cui aveva convissuto sette anni. “Quando mi ha lasciato è finito tutto”, “poi ho trovato la medicina e quando ho trovato la medicina è stata una liberazione perché non pensavo più a niente. È stata l’anestesia della mia vita”, un “vortice in cui ho perso ogni forma di umanità“. Dopo nove mesi di carcere, nel luglio scorso gli erano stati concessi i domiciliari in una clinica per curare le tossicodipendenze.

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