Si assentavano illegittimamente dal lavoro durante il lockdown. E lo facevano grazie a falsi certificati di malattia. Sono 13 i medici del servizio di emergenza 118 dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro che, stamattina, si sono visti notificare dalla guardia di finanza un provvedimento di sequestro preventivo per oltre 46mila euro emesso dal gip su richiesta del procuratore della Repubblica Nicola Gratteri, dell’aggiunto Giulia Pantano e del pm Graziella Viscomi.

La loro assenza era stata segnalata tempestivamente dal dirigente del 118 che aveva avvertito gli inquirenti di quello che stava accadendo nelle prime settimane della pandemia. In sostanza numerosi medici, in concomitanza con l’inizio del periodo di diffusione del Covid-19 (marzo 2020), si erano assentati per malattia, con inevitabili ripercussioni sull’efficienza dell’attività di pronto soccorso. Le indagini del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Catanzaro sono partite dal sequestro dei cellulari degli indagati e dall’esame delle conversazioni intercorse sulla piattaforma whatsapp. In questo modo il Gruppo Tutela spesa pubblica delle fiamme gialle ha accertato che le patologie attestate nei certificati prodotti all’Asp erano del tutto inesistenti e che numerosi medici compiacenti si erano prestati a diagnosticarle ai colleghi senza alcuna visita ma solo a seguito di richiesta telefonica.

Complessivamente sono 42 i medici indagati dalla Procura di Catanzaro nell’operazione “Moliere”. Per i pm, infatti, un primo nutrito gruppo di dottori si sarebbe accordato per dare luogo a un’autentica ritorsione ai danni dell’Azienda sanitaria provinciale. Una ritorsione dovuta alla scelta dell’Asp di sospendere e contestualmente recuperare una speciale indennità, che sarebbe stata illegittimamente riconosciuta per anni ai medici anche in corrispondenza delle giornate di ferie.

Gli operatori del 118 indagati hanno addirittura creato un apposito gruppo di whatsapp, dove si sono scambiati messaggi che inducevano alla protesta, sperando che i disservizi indotti dalla loro azione potessero indurre a un ripristino dell’indennità. “Bisogna agire con la forza!! Secondo me prima di tutto inginocchiamo il servizio!!”. Si legge in alcune chat dei medici secondo cui “dobbiamo creare il disservizio”. “La malattia è insindacabile”. “Concordiamo tutti insieme – dicevano – un’azione forzata in maniera da inginocchiare il servizio! Ma dobbiamo essere tutti! Tutti!”. E ancora: “Nessuno si deve prestare a coprire i turni”. “Dobbiamo bloccare il servizio. Bastano cinque giorni di malattia contemporaneamente”. “Fermiamo le ambulanze”. “Dobbiamo metterci in malattia tutti”. “Io sono per bloccare le ambulanze”. “Mi prendo altri giorni. Mi nda futtu (Me ne fotto, ndr)”.

Alcuni medici, indebitamente assentatisi dal lavoro, hanno inoltre continuato ad esercitare l’attività professionale privata. C’è chi, invece, ha deliberatamente deciso di assentarsi dal lavoro per il timore di contrarre il virus Covid-19, ovvero di trasmetterlo ai propri congiunti, sottraendosi così ai propri doveri nel primo periodo di massima diffusione della pandemia: “Continuo a pensare che l’unico modo per tutelare le bambine è non mettermi in condizioni pericolose perché basta una minchiata e sei fottuto”. “A nostro vantaggio è da annotare che non possiamo essere sottoposti neppure a visita fiscale”. “È molto difficile dimostrare che non siamo malati. Si vocifera che manderanno la finanza a controllare. Sono solo voci, io non mi preoccuperei più di tanto”. Non erano solo voci e adesso sono tutti accusati di truffa e falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atti pubblici.

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