Il capogruppo dei leghisti alla Camera sostiene che li “stanno accompagnando alla porta“. E la porta è quella che conduce fuori dalla maggioranza di governo. “È un po’ difficile stare in maggioranza essendo trattati come se si fosse all’opposizione, senza che ti vengano dati i documenti, con tempi per l’esame che vengono imposti”, dice Alberto Bagnai, il responsabile economico del Carroccio. Matteo Salvini, invece, alza il tiro: “Non firmo un assegno in bianco e non mi basta che il ministro dell’Economia mi dica che gli aumenti saranno dal 2026. Questa è una patrimoniale su un bene già tassato“. Poi apre un altro fronte contro il governo: “Discoteche riaperte col green pass, ma solo col 35% di capienza? Presa in giro senza senso scientifico, sanitario, sociale ed economico, con questi numeri rischiano di fallire 3.000 aziende e di rimanere a casa 200.000 lavoratori”.

Il giorno dopo di quella che sembra la prima mezza crisi politica dell’epoca di Mario Draghi, la Lega – o almeno, la sua componente più strettamente salviniana – va all’attacco dell’esecutivo. Il primo a parlare è Riccardo Molinari, capogruppo alla Camera. D’altra parte gni volta che la Lega sembra essere sul punto di scatenare una crisi, a dire dritto per dritto non è subito Salvini. Prima manda avanti i suoi più fedeli gestori di parlamentari: Massimiliano Romeo al Senato, Molinari alla Camera. Se nell’estate del 2019 era stato il primo ad attaccare i 5 stelle, pochi giorni prima dei “pieni poteri” chiesti dal capo con il mojito in mano, ora che la situazione è molto più complicata parla il secondo. “Forse non si apre una crisi perché chi sta al governo pensa di poter fare tranquillamente a meno di noi. E a questo punto tocca a noi decidere cosa fare”, è la frase usata dal capo dei deputati leghisti, in un’intervista al Corriere della Sera. Mentre il segretario alza ancora il tiro: “Riforma del catasto, aumenti di Imu e tasse sulla casa? Oggi e domani, dalla Lega un secco No. La casa degli italiani non si tocca e non si tassa”. Stesso concetto contenuto in un messaggio congiunto dei governatori leghisti Massimiliano Fedriga, Attilio Fontana, Maurizio Fugatti, Christian Solinas, Donatella Tesei e Luca Zaia: “Sulla delega fiscale è necessario un approfondimento. Servono in primo luogo garanzie che né questo né i prossimi governi utilizzino la riforma del catasto per innalzare surrettiziamente le tassazioni sulla casa. In assenza di tali certezze, si rischierebbe di andare a colpire, duramente e ingiustamente, due pilastri del Paese quali il settore edilizio e le famiglie”. Un modo per certificare che pure gli amministratori regionali – contrariamente a quanto avvenuto su green pass e vaccini – sposano in toto la linea del segretario. Il quale apre pure un altro fronte contro il governo: “Discoteche riaperte col green pass, ma solo col 35% di capienza? Presa in giro senza senso scientifico, sanitario, sociale ed economico, con questi numeri rischiano di fallire 3.000 aziende e di rimanere a casa 200.000 lavoratori”.

Insomma, la lite scoppiata martedì è tutt’altro che rientrata. Nel day after delle amministrative, infatti, il Carroccio ha creato le condizioni per quella che sembra la prima mezza crisi politica dell’epoca di Mario Draghi. I ministri della Lega non hanno partecipato alla riunione del Consiglio dei ministri che ha approvato la legge delega in materia fiscale, con dentro pure la riforma del catasto. “Tocca a Salvini spiegare perché“, ha detto il premier in conferenza stampa. E Salvini ha spiegato che la delega fiscale “non contiene quello che era negli accordi. I ministri della Lega non possono averla in mano alle 13 e 30 per una riunione alle 14. Non è l’oroscopo, non è possibile avere mezz’ora di tempo per analizzare il futuro degli italiani. C’è qualcosa da cambiare nella modalità operativa“. E ancora: “C’è un’ipotesi di aumento di tasse che la Lega non avalla. C’è un governo che deve chiarire che non è il momento di aumentare le tasse”. Il segretario ha smentito più volta di volere strappare: “Questa non è una crisi, nessuno strappo, semplicemente chiarezza”. Oggi però Molinari usa tutt’altro tono. Intanto non smentisce lo strappo, ma dice solo “non lo stiamo facendo noi, ma il governo nei nostri confronti”. Secondo il capogruppo della Lega l’approvazione della delega nonostante l’assenza dei ministri della Lega “non è stato un gesto molto amichevole”. Di più: “E’ stato un tradimento nei confronti del Parlamento”. Addirittura parla di “un fatto molto grave e di certo è una decisione politicamente molto rilevante”.

Parole che normalmente lascerebbero presagire l’apertura di una crisi di governo: “Con un governo politico sarebbe andata così. Ora ci troviamo in una situazione diversa dovuta all’emergenza Covid. È certo, però, che una eccezione sta diventando una costante perché c’è un certo modo di procedere”, commenta Molinari, ripetendo i concetti di Salvini. Solo che il capogruppo la parola crisi la ripete più volte: “Forse non si apre una crisi perché chi sta al governo pensa di poter fare tranquillamente a meno di noi. E a questo punto tocca a noi decidere cosa fare”. E dunque Molinari cosa farebbe? “Guardi, il risultato delle elezioni ci dice che molta gente non è andata a votare perché non vede risposte ai suoi bisogni”. Addirittura il capogruppo leghista cita il governo gialloverde come esempio virtuoso: “Con il governo Conte I la Lega ha portato a casa risultati e i consensi sono cresciuti a dismisura. Noi, quindi, vogliamo un governo che governi. Ma se non ci si lascia nemmeno discutere un provvedimento che rischia di avere pesanti conseguenze sulle tasche dei cittadini significa che ci stanno accompagnando alla porta“. Insomma, come era prevedibile, l’arretramento della Lega alle urne rappresenta un elemento di instabilità per la tenuta dell’esecutivo: “Se il segretario e tutti noi dovessimo valutare che non ci sono più le condizioni per continuare l’esperienza dovremo trarne le conseguenze”.

E cosa fa nel frattempo? Alza il tiro. “Contiamo che il Parlamento, che può intervenire, modifichi questi passaggi e tolga qualsiasi ipotesi di riforma del catasto e di patrimoniale sulla casa dalla delega fiscale“, dice rilanciano i concetti di ieri, ma sdoganando slogan acchiappavoti come quelli sulla patrimoniale. “La Lega – continua – non ha votato la delega fiscale perché al comma 32 dell’articolo 7 c’è scritto, alla lettera A, che è previsto un aumento possibile delle tasse sulla casa con queste parole: Il governo è delegato alla riforma del catasto per attribuire a ciascuna unità immobiliare, e al relativo valore patrimoniale, una rendita attualizzatà. E alla lettera B prevede meccanismi di adeguamento periodico dei valori patrimoniali e della rendita delle unità immobiliare urbanè. Io sono in questo governo per ridurle le tasse non per aumentarle“. E dunque la Lega è dentro o fuori dalla maggioranza? “No, no la Lega è dentro (la maggioranza, ndr). Se vogliono, escono Letta e Conte perché il Parlamento ha dato la fiducia a Draghi per abbassare le tasse non per aumentarle”.

SALVIMAIO

di Andrea Scanzi 12€ Acquista
Articolo Precedente

Fisco, Letta a La7: “Lega? Strappo molto grave, insopportabile avere forza politica che sta dentro e fuori dal governo”

next
Articolo Successivo

Cashback, ministro Franco: “Utile per promuovere pagamenti elettronici e contenere l’evasione, ma non credo sia misura strutturale”

next