Terza dose per tutti? Bisognerà scavallare questo inverno per capire cosa fare in termini generali sull’esigenza di rivaccinazione. Immagino che non sarà necessario rivaccinarci tutti, ma faremo un richiamo annuale, come avviene per il vaccino anti-influenzale“. Sono le parole pronunciate da “Rotocalco 264”, su Cusano Tv Italia, dal virologo Fabrizio Pregliasco, che spiega: “Tre dosi di vaccino anti-covid, a distanza di un mese l’una dall’altra, sarà lo schema per anziani, soggetti oncologici e immunodepressi. Per tutti gli altri, potrebbero esserci i richiami, ma solo se necessari, dai 6 mesi in poi. Tutto questo rientra proprio nell’ottica di una continuità di protezione”.

Pregliasco ribadisce: “Tutto dipende da come andrà questo inverno e da come riusciremo a gestire questa situazione senza abbassare troppo la guardia. È fondamentale vaccinare il più possibile in questo momento: così si ottiene una protezione di gruppo, anche se non si arriverà certamente al risultato sperato dell’immunità di gregge, perché non possiamo vaccinare i più piccoli. In ogni caso non è vero che c’è un azzeramento della protezione vaccinale dopo 6 mesi, ma una riduzione percentuale, che però dà una residua capacità di risposta – continua – Voglio anche rassicurare le persone che si fanno i test sierologici sulla quantità di anticorpi: il valore fornito da quei test è solo indicativo, perché non bisogna considerare solo la concentrazione di anti-spike, ma anche la risposta cellulare e quella in anticorpi neutralizzanti. E queste normalmente non vengono misurate nei test disponibili, ma sono fatte solo su campioni di soggetti. E vediamo che anche con basse quantità di anticorpi c’è ancora una capacità di risposta“.

Il virologo sottolinea: “La peculiarità del coronavirus è che non dà una completa immunità a chi è guarito dal covid, a differenza di quanto avviene, per esempio, col morbillo che dà invece una immunità per la vita. Quello che stiamo vedendo è che qualcuno comincia a reinfettarsi, dopo essersi ammalato nella prima ondata. Questo non ci stupisce, anche rispetto alla probabile esigenza di rinforzare la risposta al vaccino – conclude – Vediamo anche con la variante Delta che l’1% dei giovani, circa 350, sono stati in terapia intensiva. Quindi, non vale la pena infettarsi, perché gli effetti che stiamo scoprendo sono abbastanza inquietanti. Il polmone è l’organo più colpito e può determinare quel cortocircuito di difficoltà respiratorie che portano al decesso. Però vediamo che il covid colpisce anche a livello cerebrale e a livello cardiaco”.

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