Questa volta è uscito in passerella da solo e non poteva essere altrimenti. C’è tutto Giorgio Armani in questa sua nuova collezione Donna Primavera/Estate 2022. È l’Armani pensiero che si fa concreto, l’apoteosi della coerenza stilistica dello stilista, un’esercizio di stile che plasma i tessuti di emozione, reificando le suggestioni che emanano le onde del mare in sottofondo. Sono abiti di una bellezza purissima, capi sublimi dalla consistenza metafisica che elevano l’osservatore in una dimensione celestiale, eterea, altra, facendogli vivere un’esperienza reale di quel senso di infinito leopardiano che ha ispirato lo stilista. Complice l’atmosfera intima e raccolta dello storico teatrino di via Borgonuovo, il pathos è tangibile, tanto che Re Giorgio ha gli occhi che brillano per la commozione e la soddisfazione di vedere che l’autenticità paga, che l’essere perfettamente fedeli e aderenti a sé stessi non solo premia, ma è l’unico modo per non infrangersi contro lo scoglio del tempo che passa, anzi, travalicarlo. E così, per la prima volta si concede un vezzo, fa un bagno di folla, esce a prendersi anche gli applausi dei tanti fan accalcati all’esterno del suo palazzo in via Borgonuovo 21, facendo il pieno di affetto e sostegno, linfa vitale per affrontare questi giorni nostri.

Oggi si ha voglia di dolcezza, di essere innamorati e che qualcuno si innamori di noi – dice Giorgio Armani – abbiamo voglia di recuperare dei rapporti persi a causa del mondo, che sta andando verso una situazione discutibile. Teniamo quello che abbiamo con i denti, abbiamo la Terra: cerchiamo di salvare lei e noi stessi. Lo storico teatrino di via Borgonuovo è stato sfondo di sfilate che in molti ricordano e che per me rappresentano il momento fondante della mia estetica. La decisione di sfilare di nuovo in questo spazio è legata al desiderio di recuperare con la collezione Giorgio Armani una dimensione più raccolta, intima. È un ritorno alle origini, senza alcuna nostalgia”. L’unico senso di nostalgia concesso è quello per l’estate appena finita: la sfilata si apre infatti con un filmato di onde, onde lente, che scivolano pigramente sulla battigia, abbagliando lo spettatore con i riflessi cangianti che i raggi del sole intessono sulla superficie marina. Inizialmente il cielo è limpido e chiaro, è primo mattino, la foschia notturna si dirada e in passerella incedono tailleur in blu e bianco con tocchi vivi di rosso. Le giacche sono dolcemente strutturate, i pantaloni morbidi si muovono a ritmo di musica. “Ti voglio cullare, cullare…posandoti su un’onda del mare, del mare…“, canta Nico Fidenco in sottofondo, prima traccia di una colonna sonora che si rifà ai classici della canzone italiana che parlano di mare ed estate. “Io adoro questi pezzi”, confida Armani. “È un omaggio all’Italia, ma non vorrei – minimizza lui – ergermi a salvatore della patria. Mi ricordano 40 anni fa, quando ho iniziato e queste canzoni accompagnavano il mio lavoro: questo insieme di cose mi ha convinto a calcare un po’ la mano”.

E così i capi scorrono uno dopo l’altro fluidi e sincronizzati con l’evolversi dei colori di cielo e mare: dal chiaro del giorno si passa lentamente al calore del tramonto, poi la notte. E quel mare lì non è un mare qualsiasi, è il Mediterraneo, quello che canta Eugenio Bennato, crocevia di popoli e influenze che ritroviamo nelle forme arabeggianti dei pantaloni ampi come gonne e dei completi dalle lunghe tuniche; nei volumi che si riducono al fondo e fanno da contrappunto ai piccoli top di perline; nei foulard e nelle cuffie di crochet che tengono il capo sempre coperto. E, ancora, nelle scarpe piatte, aperte in punta o allacciate intorno al piede. Il movimento diventa impalpabile nella sequenza di grigi polverosi e aerei, di azzurri e verdi tenui per giacche essenziali e lunghe gonne vaporose. Il colore esplode in un caleidoscopio di rimandi gitani fatti di contrapposizioni di rosso e di viola, di giochi di sovrapposizioni spontanee. E quando arriva la sera, è un tripudio di abiti luminosi, senza peso, che sfiorano appena il corpo e nei quali la velatura di strati di tulle crea cromie fondenti e sorprendenti, con i cristalli e le paillettes che giocano con la luce come i raggi del sole sulle onde del mare. È un guardaroba che sembra uscito direttamente dall’armadio di Shahrazād, la principessa araba de Le Mille e una Notte.

“Mescolare suggestioni è da sempre parte del mio linguaggio: colgo segni e colori ovunque, per poi lavorare in sottrazione, purificare, mantenendone l’eco – conclude lo stilista -. Questa collezione è un métissage: una mescolanza di influenze, di ricordi di viaggio. I colori si accendono, il rigore si ammorbidisce. I tempi, a mio avviso, richiedono questo“. È il credo di Re Giorgio e il “naufragar” ci è “dolce in questo mare…”.

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