In Consiglio dei ministri hanno votato tutti a favore. Fuori, invece, continuano ad esserci sacche di dissenso. Colpa dell’ambigua linea tenuta da Matteo Salvini sull’estensione dell’obbligo di Green pass che ha praticamente spaccato la Lega. Dopo settimane trascorse a spiegare che, secondo le informazioni in suo possesso, Mario Draghi non avrebbe esteso il passaporto verde ad altre categorie di lavoratori, il capo del Carroccio si è dovuto arrendere alla pressione interna rappresentata dall’ala dei governisti guidata da Giancarlo Giorgetti e dai governatori, con in testa Massimiliano Fedriga. Un pressing che è riuscito a “convertire” l’ex ministro dell’Interno, visto pure che secondo tutti i sondaggi gli italiani sono largamente favorevoli all’obbligo di certificato verde.

Dopo il via libera all’unanimità del Cdm all’estensione del green pass per lavoratori pubblici e privati, dunque, Salvini ha tentato di far buon viso a cattivo gioco. “Se l’estensione Green è una sconfitta della Lega? No, giudico una vittoria dell’Italia quella che stiamo avendo contro il Covid, con tutta la scaramanzia del caso. La Lega è riuscita a evitare quello verso cui qualcuno voleva andare: l’obbligo vaccinale di massa”, ha detto, cercando di cambiare argomento. Per la verità, però, nessuno ha mai ipotizzato un’imminente introduzione dell‘obbligo vaccinale. Mentre invece, non più tardi di otto giorni fa, Salvini aveva raccontato di aver saputo da Draghi che non ci sarebbe stata alcuna estensione del green pass. Come sia andata a finire è cosa nota. Il problema, per Salvini, è che all’interno della Lega in tanti sono rimasti delusi. Se la sua linea anti Green pass infastidiva i ministri e i governatori del Carroccio, ora che il segretario ha ceduto sull’estensione del certificato verde, a essere contrariati sono gli altri: quelli che appoggiavano la linea originaria. Non nomi di secondo piano, ma colonnelli del salvinismo leghista. Come Armando Siri, già sottosegretario del governo gialloverde (costretto al passo indietro dopo essere finito indagato per corruzione). “Ovviamente io non condivido il metodo, i modi e l’approccio di questa decisione, tutti hanno interesse a tutelare la propria salute quindi proprio per questo bisognava accelerare con i test salivari, senza fare la voce grossa e senza mortificare i fondamentali dell’ordinamento costituzionale”, dice il senatore senza nascondere il suo disappunto.

Molto più violenta è stata la reazione di Francesca Donato, l’europarlamentare che da tempo si scaglia contro vaccini, Green pass e restrizioni. Secondo la deputata Ue “il decreto sul green pass sarà la tomba della rappresentatività democratica della politica”. Poi ha alzato il tiro su twitter: “Io non sono entrata nella Lega Nord ma nella Lega per Salvini Premier. Con valori e obiettivi molto diversi da quelli che sta realizzando questo governo col supporto dei ministri del nord. E non nascondo il mio dissenso!”. Non ha più parlato, invece, un altro leghista molto lontano dalle posizioni del governo come Claudio Borghi. Ieri aveva annunciato: “Speravo che l’obbligo green pass venisse esteso al Parlamento così mi avrebbe dato la possibilità di chiedere una pronuncia in merito alla Corte Costituzionale a difesa del lavoro di tutti. Adesso che pure la Consulta è intimata risponderà direttamente”. Una linea completamente sconfessata da Salvini poche ore dopo: “E’ ovvio che il green pass va esteso a parlamentari e consiglieri regionali, se la politica impone un lasciapassare agli altri lavoratori, i politici devono essere i primi a rispettare le regole”, dice il capo della Lega. Borghi, per il momento, non ha più detto nulla.

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