Rieccoci ad una nuova ricorrenza. La quinta. Per il sisma che ha sconvolto il Centro Italia. Una ricorrenza, preceduta il 23 agosto dalla presentazione del Terzo Rapporto sulla ricostruzione, aggiornato alla fine di giugno 2021. Nel comunicato stampa che ha anticipato il documento sono riportati alcuni dati. “Positivi”, naturalmente. Anche se il Commissario straordinario alla ricostruzione Giovanni Legnini non può negare che “gran parte della ricostruzione deve ancora essere realizzata e le condizioni di sofferenza dei cittadini persistono”.

Per averne un’idea si può scorrere il precedente Rapporto nel quale è riporta la situazione allo scorso marzo. Insomma non un’era geologica fa. Ma per rendersene conto davvero bisogna avere il coraggio di andare in visita nei luoghi del terremoto. In città, paesi e borghi dell’Abruzzo e delle Marche. Dell’Umbria e del Lazio. Da Civitella del Tronto a Montorio al Vomano. Da Arquata del Tronto a Sanseverino. Da Norcia a Preci. Da Amatrice ad Accumoli. Passeggiare per le strade. Osservando. Soprattutto le case e le chiese. Se non distrutte, pericolanti. E quindi dichiarate inagibili. Come d’altra parte tante scuole sulle quali ogni governo non ha avuto dubbi. Almeno a parole.

“Il cuore della ripartenza”, per la ex ministra dell’Istruzione, la piddina Valeria Fedeli, intervenuta il 24 agosto 2017 ad una cerimonia di commemorazione ad Accumoli, nel reatino. “Le scuole costituiscono il vero presidio sul territorio e la loro ricostruzione è tra le priorità per una vera rinascita delle aree più fragili del nostro Paese”, per un altro ex ministro, l’indipendente Marco Bussetti, nel 2019. Fino al grillino Lorenzo Fioramonti che ad ottobre dello stesso anno, in visita a L’Aquila, confessa di aver provato vergogna “per il fatto che dopo 10 anni non c’è ancora una scuola ricostruita”.

I propositi sono senza dubbio buoni. Peccato che i risultati appaiano più che modesti. Ancora. Certo, in attesa del nuovo Rapporto. Dei 20 plessi scolastici da ricostruire ex novo, 17 sono stati completati. Secondo il Rapporto di marzo, sulle 202 scuole nelle quali sono state accertate criticità strutturali, solo in un caso i lavori risultano conclusi, in 5 in corso, mentre in 62 non si era ancora provveduto ad avviare alcun intervento. Lo scorso 3 agosto il Dipartimento Casa Italia e il Commissario Straordinario Sisma 2016 hanno presentato “il piano straordinario da oltre 500 milioni di euro per le verifiche di vulnerabilità, il ripristino dei danni e l’adeguamento antisismico delle scuole danneggiate dai terremoti del 2016 nelle regioni Marche, Lazio, Umbria e Abruzzo … per ora 184 edifici scolastici, 55 nelle Marche, 54 in Umbria, 50 in Abruzzo e 25 nel Lazio”.

Senza dubbio, una bella notizia per il futuro. Ma intanto, nei 138 comuni del cratere, anche andare a scuola è un problema. Non soltanto (ri)avere la propria casa oppure usufruire del patrimonio storico-artistico-archeologico. Ma in realtà il problema non é solo la presenza di un edificio scolastico. Insomma della struttura “fisica”. Ad essere in evidente sofferenza sembra l’organizzazione scolastica. Già, perché le dinamiche connesse alla estrema laboriosità delle operazioni di ricostruzione hanno ridisegnato la popolazione scolastica. Ridistribuito le presenze. Così da avere, non di rado, classi di pochi elementi. Con la conseguenza della creazione da parte dell’Ufficio scolastico della Regione, quando non sia possibile usufruire della deroga sul numero minimo di alunni per classe, di pluriclassi. Circostanza che spinge tanti genitori ad iscrivere i propri figli altrove.

E’ il caso, tra gli altri, della scuola media di Arquata del Tronto, ricostruita, ma con pochi iscritti. “Ci sono tutti i presupposti perché il prossimo anno scolastico, anche nei comuni del cratere, possa partire nel migliore dei modi possibile”, ha assicurato il direttore dell’Ufficio Scolastico Regionale Marco Ugo Filisetti lo scorso 26 maggio, in occasione della visita nelle Marche del sottosegretario all’Istruzione Rossano Sasso. Ma i meno 820 tra ragazze e ragazzi, rispetto allo scorso anno, che siederanno nelle aule delle scuole del cratere, sono un numero considerevole. L’ennesimo segnale di come le ricostruzione sia un mezzo fallimento. Almeno finora. Un flop che sarebbe oltraggioso imputare al fermo-lavori imposto dalla pandemia.

Il sisma ha certamente inflitto un duro colpo a tanti territori. Ma quel che (non) è stato fatto in questi anni è stato ancora più terribile. Il risultato? Identità spazzate via. Anche se la retorica sulla ricostruzione continua ad imperversare. Da una ricorrenza all’altra.

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