Non solo la tassazione minima globale al 15% sulle multinazionali. Nella seconda e ultima giornata di lavori del G20 di Venezia, i ministri delle Finanze e i governatori delle banche centrali dei Paesi più ricchi del mondo hanno discusso anche di Covid, ripresa economica e carbon tax, la tassazione delle imprese sulle emissioni di CO2. “Dall’ultimo incontro, nell’aprile del 2021, a oggi le prospettive economiche globali sono ulteriormente migliorate, principalmente grazie all’arrivo dei vaccini e al sostegno delle politiche di bilancio. Tuttavia, la ripresa è caratterizzata da grandi divergenze tra i Paesi e rimane a rischio a causa della diffusione di nuove varianti del Covid-19 e al diverso trend delle vaccinazioni”, si legge nel documento finale di otto pagine, che ribadisce “la determinazione a utilizzare tutti gli strumenti disponibili per il tempo necessario per far fronte alle conseguenze negative della pandemia”.

A metà giornata, in un briefing con la stampa, il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire esprimeva lo stesso concetto: “Le nostre previsioni economiche indicano un solido rimbalzo in vista per i Paesi del G20. A minacciarlo sono le varianti e le nuove ondate pandemiche, per questo dobbiamo accelerare sulle vaccinazioni”. Il documento cita allo scopo la creazione di una task force composta da rappresentanti della Banca mondiale, dell’Organizzazione mondiale della sanità, del Fondo monetario internazionale e dell’Organizzazione mondiale del commercio che si occupi di “vaccini, terapie e diagnosi nei Paesi in via di sviluppo“, per rispondere al “bisogno urgente di essere più preparati” alle future epidemie. “Daremo priorità all’accelerazione della consegna dei vaccini”, specie nei Paesi svantaggiati, nonché “risposte per reagire rapidamente a nuove varianti”, prosegue il comunicato congiunto.

I rappresentanti degli Stati, si legge inoltre, si sono accordati per “l’uso, se appropriato, di meccanismo di fissazione del prezzo delle emissioni di Co2 e incentivi”: da tempo, infatti, il Fondo monetario internazionale sottolinea che le emissioni, per incentivare fonti alternative, dovrebbero costare alle industrie 75 dollari a tonnellata contro i 3 di oggi. “Voglio elogiare il G20 per l’attenzione sui rischi climatici e sui meccanismi di tariffazione delle emissioni”, fa sapere in una nota il direttore generale dell’Fmi Kristalina Georgieva, confermando di voler “dare seguito alla proposta di prezzo minimo internazionale della CO2 che potrebbe accelerare in modo significativo la transizione dell’economia globale verso una crescita a basse emissioni di carbonio“.

Un punto a favore dell’Unione europea, che mercoledì prossimo presenterà il piano “Fit for 55” per dimezzare (e oltre) le emissioni entro il 2030. “È un “pacchettone” di dodici proposte legislative“, spiega il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni, fra cui in particolare desta “molto interesse il meccanismo di carbon border adjustment“, una misura “guardata con un misto di interesse, curiosità ma anche circospezione da nostri partner economici“. Si tratta, spiega, “di un meccanismo equilibratore e non di una misura protezionistica”, che stabilirà “un prezzo alle emissioni equivalente per le produzioni interne e per i prodotti importati“: l’obiettivo “è che non ci siano vantaggi strepitosi” per i produttori stranieri a trasferirsi negli Stati extracomunitari “legati al fatto che nell’Unione abbiamo regole più stringenti, con il rischio che le aziende europee si spostino” in paesi con minore o nulla tassazione sulla CO2 o che alcuni esportatori verso l’Ue possano godere di vantaggi competitivi“.

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