Si è aperto oggi, a Carbis Bay, in Cornovaglia, il primo vertice del G7 in presenza degli ultimi due anni, a causa dell’esplosione della pandemia di coronavirus. E proprio la ripartenza post Covid, adesso che molti Paesi, soprattutto i più ricchi del mondo, stanno raggiungendo buoni livelli di immunizzazione, è al centro del summit tra i Grandi Sette del mondo. E tra i primi annunci fatti trapelare dalla giornata di ieri e che trovano conferma oggi, c’è la volontà dei Paesi che ne fanno parte (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito e Stati Uniti) di donare 1 miliardo di dosi ai Paesi a basso reddito, così da avviare anche lì, finalmente, la campagna vaccinale. Una proposta su cui i leader hanno voluto porre l’attenzione, ma che ha provocato subito la reazione di Oxfam: “Se il meglio che i leader del G7 possono mettere in campo è la donazione di un miliardo di dosi, il summit si risolverà in un fallimento. Per superare la pandemia serviranno infatti 11 miliardi di dosi“.

L’idea dei Sette: “Un miliardo di dosi”. Johnson: “Da Uk 100 milioni entro il prossimo anno”
Al centro della discussione sono appunto le proposte per cercare di diminuire il gap tra i Paesi più poveri e quelli più ricchi per quanto riguarda l’immunizzazione della popolazione. Secondo gli ultimi dati forniti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nei Paesi ad alto reddito sono state utilizzate il 44% delle dosi di vaccino disponibili a livello globale, mentre solo lo 0,4% è finito in quelli a basso reddito. Una distanza che deve essere colmata per evitare l’insorgere di nuove varianti che potrebbero mostrarsi resistenti ai vaccini attualmente disponibili.

A fare gli onori di casa è stato il premier britannico, Boris Johnson, annunciando che il suo governo destinerà entro il prossimo anno 100 milioni di dosi al programma Covax per la redistribuzione del vaccino nel mondo, delle quali 5 milioni entro la fine di settembre. Una scelta simile a quella presa dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che nei giorni scorsi ha annunciato la donazione delle prime 80 milioni di dosi ai Paesi più poveri entro fine luglio, il 75% attraverso il programma Covax e l’altro 25% per assegnazione diretta di Washington, per un totale di 500 milioni di dosi. Altri 400 milioni saranno garantiti da Italia, Giappone, Canada, Germania, Francia e Ue. “Al summit del G7 – ha dichiarato Johnson – spero che i miei colleghi assumeranno impegni simili in modo che, insieme, possiamo vaccinare il mondo entro la fine del prossimo anno e ricostruire meglio dopo il coronavirus”.

“Ricostruzione” è la parola chiave di questo incontro per il quale si è scelto lo slogan “Building back better”, ricostruire meglio. La prima sessione di lavoro è dedicata in particolare all’economia e alla giustizia sociale, cui seguiranno domani sessioni incentrate sulla flessibilità, sulla politica estera, su sanità e vaccini e domenica sulla società aperta e infine sul clima e una politica più verde. Le ultime tre sessioni saranno allargate ai leader ospiti di Australia, Corea del Sud, India e Sudafrica.

“Desidero che il G7 fissi un obiettivo impegnativo ma profondamente necessario, fornire 1 miliardo di dosi ai Paesi in via di sviluppo per vaccinare tutte le persone nel mondo entro la fine del prossimo anno – ha dichiarato Johnson in un intervento pubblicato sul sito de La Stampa – Non esiste prova più convincente e tragica del bisogno di cooperazione globale della pandemia che ha travolto il mondo e mietuto oltre 3,7 milioni di vittime. Per la prima volta dall’inizio di questa catastrofe, i leader del G7 si incontreranno di persona oggi per un vertice che presiederò io stesso in Cornovaglia, nel Regno Unito. Ho invitato anche i primi ministri dell’India e dell’Australia e i presidenti della Corea del Sud e del Sudafrica per un confronto più ampio con altre democrazie e società libere. Abbiamo un obiettivo condiviso, quello di vincere la pandemia, ridurre al minimo il rischio di nuovi eventi simili e ricostruire società migliori dalle macerie di questa tragedia”.

Nonostante tutti gli sforzi di combattere la diffusione del Covid, il premier ricorda che “anche se riuscissimo nell’impresa, i nostri sforzi varrebbero ben poco se un altro virus letale dovesse emergere e scatenare una nuova catastrofe. Dobbiamo per questo potenziare le nostre capacità collettive di prevenire un’altra pandemia e prevedere dei meccanismi di allerta precoce per le minacce future, anche creando una rete di centri di sorveglianza, un Radar Globale per le Pandemie. Ai nostri scienziati sono bastati 300 giorni per decifrare l’enigma del Covid e produrre dei vaccini, ma dobbiamo essere in grado di rispondere ancora più rapidamente. Questo vertice del G7 servirà anche ad accelerare lo sviluppo di vaccini, terapie e test per qualsiasi nuovo virus, con l’obiettivo di passare da 300 a 100 giorni”.

Oxfam: “Un miliardo di dosi? Sarebbe un fallimento. Ne servono undici”
L’annuncio della donazione di un miliardo di dosi ai Paesi più poveri non ha provocato solo reazioni positive. Chi ritiene la cifra eccessivamente bassa è Oxfam che, attraverso la sua policy advisor italiana per la salute globale, Sara Albiani, fa sapere che “se il meglio che i leader del G7 possono mettere in campo è la donazione di un miliardo di dosi, il summit si risolverà in un fallimento. Per superare la pandemia serviranno infatti 11 miliardi di dosi. Se avviata tempestivamente, la condivisione di dosi disponibili aiuta a tamponare parzialmente l’enorme carenza di vaccini a livello globale. Per aumentare significativamente la fornitura è necessario sospendere i monopoli dell’industria farmaceutica e condividere tecnologia e know-how con altri produttori qualificati in tutto il mondo”.

Proprio sulla proposta di sospensione dei brevetti, Albiani ricorda che “i presidenti Biden e Macron si sono dichiarati a favore di una sospensione delle norme che tutelano la proprietà intellettuale dei vaccini Covid, gli altri leader del G7, a partire dal presidente Draghi e dalla cancelliera Merkel, dovrebbero fare altrettanto. La vita di milioni di persone nel Sud del mondo non può dipendere esclusivamente dalla beneficenza dei Paesi ricchi e dalle strategie di mercato delle grandi case farmaceutiche”.

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