Un monologo “infelicissimo” che “riporta agli anni ’30”, con parole che possono “sembrare rivoluzionarie solo agli ignoranti”. È polemica attorno al pezzo comico portato in prima tv da Pio e Amedeo venerdì sera, su Canale 5, durante l’ultima puntata di Felicissima Sera. Il “caso” del monologo, con il quale i due comici volevano sdoganare insulti usati per neri, omosessuali, ebrei, se utilizzati fuori da un contesto di violenza, è stato duramente criticato da attivisti Lgbt, come Vladimir Luxuria, e da artisti, come Michele Bravi, che hanno sottolineato l’importanza del “peso delle parole”, e ora rischia di arrivare anche in parlamento, dopo l’annuncio di interrogazione fatto dal senatore Tommaso Cerno. Ma non solo. Le parole dei due comici hanno suscitato lo sdegno della comunità ebraica romana, con una dura condanna della presidente Ruth Dureghello, subito appoggiata anche dal segretario del partito democratico, Enrico Letta. Alle sue parole, affidate a un post su Facebook, hanno fatto poco dopo seguito quelle di Milena Santerini, coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo, che ha evidenziato che “chi vorrebbe sdoganare un linguaggio pieno di pregiudizi” in realtà non fa altro che “svelare l’ipocrisia della maggioranza che censura le parole” senza “occuparsi dei fatti”. Già nella giornata di sabato era arrivata la stigmatizzazione da parte di Fabrizio Marrazo, portavoce del Partito dei Gay, che aveva chiesto l’intervento dell’Agcom al fine di non far “più ripetere show di questo tipo razzisti ed omotransfobici”.

La condanna della comunità ebraica – “Solamente al termine dello Shabbat ho avuto modo di visionare il video di Pio e Amedeo in cui si faceva ironia su ebrei, omosessuali e persone di colore – scrive su Facebook Dureghello – Non so se il termine ironia sia il più corretto, la mia idea è che si possa ridere su tutto, ma con il limite del buon senso e della coscienza del valore delle parole”. L’idea di Dureghello è netta: “Non è vero che il problema sia l’intenzione che si mette, il tema sono le parole per il significato che assumono e per ciò che contribuiscono a creare nell’ambiente in cui viviamo. Si può scherzare su tutto? Certo, lo hanno fatto comici veri e di livello, consapevoli dell’importanza della parola e degli effetti che ha prodotto nella storia”. Sdoganare quindi l’uso di queste parole, e in particolare “l’aggettivo ebreo con il significato di tirchio“, per esempio, “può sembrare rivoluzionario solo agli ignoranti che non conoscono le cose”. Quali cose? “La ragione storica su come nasca un pregiudizio – spiega ancora – e di come la somma di questi pregiudizi, espressi attraverso le parole, abbia creato le condizioni affinché per esempio nel novecento, milioni di persone volgessero lo sguardo altrove, mentre altri come noi venivano sistematicamente sterminati”. Dureghello poi “assolve” i due comici: “Non penso che la loro intenzione fosse questa, penso semplicemente che abbiano voluto affrontare un tema importante con eccessiva superficialità dicendo che basta ridere in faccia a chi ti insulta”. Ma questo “non basta”. “Perché le parole sono il preludio della violenza, perché per esempio le cronache sono ancora piene di notizie di persone omosessuali insultate e poi aggredite, di chi ha un colore diverso della pelle che è costretto a subire razzismo e intimidazioni – incalza – Questa è la difesa della libertà di tutti, non razzismo al contrario o difesa di alcune minoranze. Anche quella di un bambino del sud che si trasferisce al nord e non deve accettare gli insulti contro i meridionali solo perché così lo hanno deciso Pio e Amedeo”. “È difesa della televisione – prosegue il post – come strumento didattico che ha funzione sociale e in cui una azienda come Mediaset non dovrebbe permettere che, nella propria rete di punta in prima serata, vengano affrontati temi complessi con ragionamenti da bar. Chi difende la licenza a insultare non difende la libertà d’espressione, ne limita l’esercizio a chi è vittima della violenza”. Poi Dureghello lancia un monito anche ai politici “che hanno preso posizione” nella speranza “che i loro post siano solo iniziative dei loro social media manager”: “Sono certa che chi ricopre ruoli di rilievo invece che difendere il diritto di affermare la frase ‘non fare l’ebreo’ o a usare i termini ‘froci e negri’ nel linguaggio colloquiale, dovrebbe occuparsi di cose più serie, come per esempio le limitazioni crescenti alle libertà in paesi come Ungheria e Polonia tanto per citare casi di questi giorni. Occupiamo di cose serie, difendendo la libertà d’espressione vera e non il diritto a insultare l’altro che è cosa diversa”.

Il post di Dureghello è stato ricondiviso anche da Enrico Letta che ha preferito commentare con un breve tweet: “Leggo quel che dice Ruth Dureghello, Presidente della Comunità Ebraica di Roma, su Pio e Amedeo e l’infelicissimo monologo di Felicissima Sera e penso non vi sia da aggiungere altro”. “Le parole e il linguaggio sono pietre – è invece il messaggio mandato tramite una nota da Milena Santerini, coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo – pietre che creano cultura, o meglio subcultura, e ripetute all’infinito diventano senso comune”. Pio e Amedeo che “‘scherzano’ su ebrei, neri e omosessuali”, prosegue la nota, “vorrebbero sdoganare un linguaggio pieno di pregiudizi svelando l’ipocrisia della maggioranza che censura le parole e non si occuperebbe dei fatti” ma in realtà “le parole sono già fatti”. Entrando nello specifico sul pezzo di monologo dedicato alla comunità ebraica, quindi, Santerini va avanti: “In questo caso, additano “gli ebrei” come fossero tutti uguali, un’intera categoria di “avari”: il primo passo per spogliare le persone della loro individualità e esporle al pregiudizio – spiega – Soprattutto, ricalcano i vecchi schemi delle offese antisemite, dimenticando o ignorando che proprio attraverso questi insulti che non fanno ridere si riesce a colpire le persone in quanto tali”. Secondo Santerini, “Amedeo non mostra coraggio opponendosi al politically correct” ma anzi “dà voce all’ignoranza e la rabbia di chi si nasconde dietro luoghi comuni dimenticando quanto parole banali, stereotipate e offensive creino una realtà di discriminazione. Discriminazione che divide “noi” da “loro” e che porta e ha portato, quella sì, sicuramente alla violenza nei “fatti””.

La comunità Lgbt – Anche dalla comunità Lgbt, la condanna è netta. Secondo Fabrizio Marrazzo, portavoce del partito Gay per i diritti LGBT+, Solidale, Ambientalista e Liberale, il monologo è “un pessimo esempio di comicità” che va condannato. Un pezzo che vuole “sdoganare le parole Negro, utilizzata per definire gli schiavi, i pregiudizi sugli Ebrei, che servivano ad alimentate l’odio durante il Nazismo e non poteva mancare la parola “Ricchione” che fa parte di quel grande insieme di sostantivi dispregiativi nei confronti degli omosessuali, utilizzata soprattutto nel Meridione”. Insomma, rimarca Marrazzo, “un pessimo esempio di comicità” che “banalizza la discriminazione”. Le parole, infatti, come hanno rimarcato nei loro messaggi anche Vladimir Luxuria e Michele Bravi, “hanno un peso”. “Noi ci sentiamo offesi, per chi come noi ha vissuto quelle parole sulla propria pelle come un onta indelebile che ti fa emarginare, discriminare e ti isola”, spiega ancora il politico, che chiede all’Agcom e a Piersilvio Berlusconi “di intervenire” per non far ripetere più show simili.

L’interrogazione di cerno – Il “caso” del monologo, che da due giorni riempie Twitter e i social di animate discussioni, potrebbe inoltre arrivare presto in parlamento. Ad annunciare un’interrogazione sul tema è stato il senatore Tommaso Cerno, che, riprendendo le parole del Partito Gay, ha descritto il monologo come un “pessimo esempio di comicità” che “ci riporta a un’Italia degli anni ’30”. “Mi aspetto che il Presidente del Consiglio Mario Draghi, cosi ferrato sui temi economici e sui temi della ripartenza si renda conto che una ripartenza senza tutti non è una ripartenza – ha sottolineato Cerno – Quindi, mi aspetto che parli anche e finalmente dei diritti delle persone LGBT+, perché non esiste un’Italia del domani se non siamo tutti in corsa per il domani”. “Abbiamo il compito in questo momento di creare una coesione sociale, come è stato chiesto da tutti i partiti, non esiste una coesione sociale come insegna il 1 maggio ed il 25 aprile ci ricordano, che possa esistere senza un abbraccio tra tutti i cittadini Italiani ed Europei, il Governo su questo tema manca da molto ed il suo silenzio inizia a preoccuparmi – ha concluso Cerno – PD e M5S dovrebbero stare a Governo con la Lega per impedire una deriva razzista omofoba”.

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