In questa fase l’Rt sta cominciando a calare ma c’è una situazione ancora critica negli ospedali. Soprattutto in alcune regioni come Lombardia, Marche e Piemonte, il sovraccarico ospedaliero rappresenta il grande elemento di criticità di questa fase, che corrisponde un po’ al pieno della terza ondata“. Sono le parole di Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, nel corso della trasmissione “L’Italia s’è desta”, su Radio Cusano Campus.

Il medico spiega: “C’è ancora molta confusione sugli indicatori. Nel momento in cui attuiamo le misure restrittive, il primo indice a scendere è l’Rt, poi si riducono i casi, successivamente le ospedalizzazioni e infine i decessi. Oggi siamo in una situazione in cui gli effetti delle misure restrittive non sono stati sincroni perché alcune regioni hanno iniziato prima. La situazione critica negli ospedali è, in parte, legata al fatto che negli ospedali la situazione migliora dopo, in parte è dovuta a una probabile sottostima dei casi esistenti anche a causa di una riduzione dell’attività di testing. Ieri sera avevamo 573mila casi attualmente positivi con una curva che si sta appiattendo – continua – però, di fatto, 28.700 pazienti ricoverati con sintomi e 3.679 in terapia intensiva con curve che ancora non hanno scollinato dicono che la situazione ospedaliera è peggiore rispetto a quella che sembrerebbe dal numero di casi positivi. In più, ci sono Regioni con una situazione particolarmente critica. La soglia di occupazione ospedaliera è fissata al 40% e abbiamo 10 regioni sopra questo valore, con il Piemonte che arriva addirittura al 65% e le Marche al 59%. La soglia di occupazione delle terapie intensive, che è del 30%, è invece superata da 13 regioni, come la Lombardia che è al 61% e le Marche e il Piemonte al 59%“.

Circa la riapertura delle scuole, Cartabellotta si dichiara favorevole ma puntualizza: “Dal punto di vista squisitamente sociale, ho sempre ritenuto che dovessero le prime a riaprire e le ultime a chiudere. Tuttavia, è prioritaria la presenza di un adeguato livello di sicurezza nelle scuole, che riguarda anche la questione trasporti. Oggi ci muoviamo su un filo di rasoio molto stretto, per cui, se riapriamo le scuole, non possiamo riaprire altro o addirittura dobbiamo chiudere altro. In questo senso la decisione di aprire le scuole, in particolare quelle dell’infanzia – prosegue – va di pari passo con la decisione di lasciare l’Italia in rosso ed arancione per tutto il mese di aprile, altrimenti il sistema non regge. Ribadisco: siamo a un livello di saturazione ospedaliera che non può permettersi una ulteriore impennata della curva. La stiamo piegando adesso, ma, se dovesse risalire, rischieremmo di non riuscire più ad assistere i pazienti ospedalizzati, a meno che non volessimo applicare la strategia ‘Cu campa campa, cu mori mori’, per dirla con un proverbio siciliano”.

Considerazione finale del presidente di Gimbe sul piano vaccinale: “Noi al primo trimestre da contratto abbiamo oltre 15 milioni di dosi, di cui ne abbiamo ricevute il 70% e il generale Figliuolo ha garantito che il resto arriverà entro la prima settimana di aprile. Nei prossimi trimestri, fino a settembre, dovrebbero arrivare 52 milioni di dosi e poi addirittura 84 milioni. Se dovessero arrivare realmente e se la aziende produttrici rispettassero i contratti, la macchina organizzativa, che è stata effettivamente potenziata, ce la potrebbe fare ad arrivare a 500mila somministrazioni al giorno. Ma il vero problema in questo momento è legato a chi stiamo dando i vaccini. Siamo al 25% di copertura degli anziani con la doppia dose e al 27% con la prima dose. Non abbiamo usato benissimo queste dosi – conclude – perché alla fine se queste restrizioni si stanno prolungando, in parte è perché non abbiamo messo in sicurezza almeno l’80% degli ultraottantenni, come la Commissione Europea aveva indicato quale obiettivo primario per tutti i Paesi della Ue entro il 31 marzo 2021. In questa primissima fase era ed è necessario vaccinare le persone più fragili, perché gli ultraottantenni, gli ultrasettantenni e le persone più fragili sono quelli che pagano il tributo più alto. Il motivo per cui noi facciamo le restrizioni, cioè evitare il carico sugli ospedali, è lo stesso motivo per cui dobbiamo vaccinare in modo prioritario i più fragili”.

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