Lo scandalo sugli affari dei politici tedeschi legati alle forniture anti-coronavirus arriva a colpire il governo: il ministero della salute tedesco, guidato da Jens Spahn, ha acquistato lo scorso anno oltre mezzo milione di mascherine Ffp2 dalla società Burda Gmbh, il cui ufficio di rappresentanza è affidato al marito dello stesso Spahn, Daniel Funke. A svelarlo è il settimanale Der Spiegel, in un articolo pubblicato online, che cita un documento, di cui ha preso visione, inviato dal ministero al Bundestag. Lo scandalo, che ha già portato alle dimissioni di alcuni deputati dei conservatori tedeschi dell’Unione Cdu-Csu, rischia ora di travolgere uno dei volti più noti del partito e del governo di Angela Merkel. Dopo l’elezione del nuovo leader Armin Laschet, il ministro Spahn era anche considerato uno dei papabili candidati della Cdu alla cancelleria nelle prossime elezioni federali che si terranno a settembre.

Daniel Funke lavora per la Burda Gmbh in qualità di capo dell’ufficio di Berlino e di lobbista. Il documento inviato lo scorso giovedì al Parlamento tedesco e citato da Der Spiegel contiene una lista di aziende con la quale il dicastero ha concluso contratti per la fornitura di dispositivi di protezione individuale: nell’elenco figura anche l’invio di 570mila mascherine Ffp2 da parte delal Burda. Secondo il settimanale tedesco, questo rappresenterebbe un conflitto d’interesse per il ministro Spahn.

Lo stesso Der Spiegel, nella sua ultima edizione in edicola dal 19 marzo, ha lanciato fin dalla copertina una durissima accusa al governo tedesco per la gestione della pandemia. Le critiche sono rivolte alla cancelliera Merkel ma anche al suo ministro della Salute, per quanto riguarda in particolare l’organizzazione della campagna vaccinale: la Germania procede allo stesso ritmo dell’Italia (in proporzione alla popolazione), ma questo non è considerato sufficiente. Il settimanale denuncia “incapacità organizzativa“, “debolezze del sistema” e anche un caos burocratico che già era stato protagonista del pasticcio sui ristori, cospicui ma anche distribuiti con oltre due mesi di ritardo. Senza dimenticare che il Paese vive in lockdown duro dal 16 dicembre scorso, senza mai essere riuscito comunque a riportare la curva dei contagi sotto controllo.

A questi disastri gestionali, una novità per la Germania, si sono aggiunti poi gli scandali di chi ha lucrato sulla pandemia. Prima è stato indagato per corruzione ed evasione fiscale il vice-capogruppo dell’Unione Cdu/Csu, Georg Nüßlein: è accusato di aver ricevuto 650mila euro di provvigioni (non dichiarati al fisco) per far ottenere a un produttore di mascherine contratti di fornitura con il Land della Baviera e con il governo federale. Poi l’inchiesta si è allargata a un altro parlamentare cristianodemocratico, Nikolas Löbel: ha mediato contratti di acquisto di mascherine attraverso la sua azienda e ha intascato commissioni per circa 250mila euro. Anche in questo caso l’accusa è corruzione. Altri due parlamentari della Cdu sono coinvolti in un’indagine che riguarda la loro attività di lobbying a favore dell’Azerbaigian. In più, la scorsa settimana la procura di Monaco ha indagato anche il deputato del Parlamento regionale bavarese, ex ministro della Giustizia del Land, Alfred Sauter. La polizia del Land (Lka) ha perquisito i locali degli uffici di Monaco e della circoscrizione elettorale insieme all’abitazione privata di Steuer, noto per essere vicino all’attuale ministro degli Interni Horst Seehofer.

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